Regia di Igort vedi scheda film
La 01 Distribution e Rai Cinema presentano 5 è il numero perfetto, diretto e sceneggiato da Igor Tuveri, in arte Igort, celeberrimo disegnatore, saggista, musicista, romanziere e soprattutto avanguardistico fumettista, qui alla sua prima, affascinante, oserei ruspante e verace prova dietro la macchina da presa per l’adattamento e la trasposizione della sua omonima graphic novel di successo.
Sul finire dei vernacolari anni settanta partenopei, il guappo semi-pensionato Peppino Lo Cicero (Toni Servillo) è costretto a vendicare la morte del figlio avvenuta per mano di un sedicente cartomante con l'aria da scugnizzo rockettaro. Incaricato a sua volta dell’assassinio da un boss della camorra dall'identità misteriosa.
Peppino, dopo la tragedia occorsa a suo figlio, il suo bene più prezioso e infinitamente caro, ripristinerà l’arrugginito rapporto con la sua eterna amante di nome Rita (Valeria Golino) e, paradossalmente, spronato a impugnare nuovamente la pistola in cerca di furiosa, spietata, sanguinaria vendetta impietosa, ringiovanirà nell’animo, forse addirittura rinascendo in una sorta di catarsi emozionale ascendente verso un’incontaminata meta paradisiaca. E chi è, in realtà, il suo amico e braccio destro Totò detto o’ Macellaio (Carlo Buccirosso)?
Proiettato in anteprima mondiale alle Giornate degli Autori della 76.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ove, appunto, l’abbiamo visto in esclusiva, 5 è il numero perfetto non è certamente un grande film e svanirà presto dalla memoria di chi, come noi, era presente in Sala Perla e anche dalla mente di tutti coloro che in questi giorni o prossimamente lo vedranno sul grande schermo.
Resta comunque un’opera dall'inizio veramente folgorante, scandito dall’inconfondibile timbro vocale d’un Servillo che, essendo originario del napoletano (esattamente, la sua città natia è Afragola), sa rendere perfettamente le inflessioni e le intonazioni dialettali del personaggio da lui incarnato, anzi, spesso vi gioca forzatamente di caricato gusto e, non poche volte, durante i cento minuti di durata della pellicola, fa sì che il suo manierismo interpretativo divori il character da lui personificato. Una simbiotica mimesi attoriale, con tanto di calzante naso iper-adunco posticcio, così carismatica ed esuberante da vampirizzare il film stesso, rendendolo un film servilliano figlio, appunto, più del suo attore-monstre, per certi versi oramai autoriale, considerando il suo coerentissimo excursus filmografico, che del suo vero autore stesso, ovvero Igort. Il cui tardivo esordio alla regia però, va detto e sinceramente riconosciuto, in particolare nella prima mezz’ora, coi due stupendi capitoli Lacrime napulitane e La settimana enigmatica, centra appieno il bersaglio poiché Igort sa riprodurre con fedele purismo pittoresco e straordinariamente figurativo il suo stesso celebrato fumetto, vivificandolo e immergendolo in melanconiche, squallide notti violentemente torpide della Napoli più povera, una Napoli zingaresca popolata da un’umanità volgarmente simpaticissima e irresistibile.
Purtroppo, a lungo andare il film perde il suo fascino sanamente naïf sin a precipitare in un finale assai frettoloso e anemico, privo di pathos. E non giovano neppure gli esagerati split screen che compaiono ad libitum da metà pellicola in poi.
di Stefano Falotico
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta