Regia di Daniel Goldhaber vedi scheda film
Un tentativo di trattare le chat porno (appannaggio di adolescenti più che adulti) in versione originale (ovvero in stile Blumhouse). Ne fuoriesce un film né erotico, ne horror, tanto meno drammatico. Un brutto film sulla squallida moda di vendere (per piacere) su Internet la propria immagine, tramite un alter ego virtuale e senz'anima.
Alice Ackerman (Madeline Brewer), nota online come Lola, si esibisce sulla chat porno Girls4download. Sempre più sfrenata e intenzionata a entrare nella top cinquanta delle ragazze più seguite, oltre a fare uso degli oggetti più stravaganti (cose tipo il vibratron) non esita di subire/cercare rapporti lesbo o di essere sottoposta a training di gruppo, condotto da maliziosi e perversi ospiti. Per aumentare il numero di visitatori si spinge oltre, arrivando a simulare -nella camera virtuale hard, super affollata- svariati e realistici atti di suicidio. Quando, per una fortuita circostanza, madre e fratello scoprono la sua attività, Alice apprende di non riuscire più ad accedere al suo account. Peggio: una sosia sta occupando il suo posto nella chat. Ma tali e tante sono le somiglianze, fin nei minimi particolari, che ad Alice sorge un dubbio. Si tratta di una sosia o c'è dell'altro?
Di nuovo Jason Blum, con la sua Blumhouse (e destinazione Netflix), a coprire un altro esordio in regia, stavolta frutto del giovane americano Daniel Goldhaber che -stando alla messa in scena- dimostra di essere piuttosto pratico di chat erotiche, conoscendo bene questo tipo di universo parallelo -dove innocenti ragazzine vendono la loro immagine- affollato da adolescenti onanisti e pieni di problemi. Sì, perché il patetico (enorme, estremamente vasto) posto occupato in Internet da luoghi di virtuale sesso in solitaria, tipo Chaturbate, sono contraddistinti da uno squallito -e anche molto noioso- ripetersi di spenti atti sessuali, tanto estremi quanto meccanici.
Vibratori e dildo di ogni forma e dimensione, facce prive (e/o private) di identità di fantasmi umani alla deriva, e ridicoli interventi di visitatori che mentre si masturbano con una mano, con l'altra tentano di inviare demenziali commenti. Per tornare a bomba su questo Cam, Goldhaber per quasi un'ora ci propone la vita (illusoria e molto triste) di Lola. In questa fase è agevolato dalla scelta della protagonista, la bruttarella Madeline Brewer che ad un corpicino da urlo con esposizione di culo e tette (quel che ci meritiamo nella società del nuovo Millennio, ça va sans dire) contrappone un viso meno che anonimo e ben poco attraente. Diventa dunque poco interessante seguire la vicenda, venendo a mancare proprio l'ingrediente voyeuristico, oltremodo calata a livello infantile, come testimoniato da nickname demenziali (il Tinkerboy che ossessiona la protagonista): ai nudi (ipocritamente autocensurati) di Alice gli ospiti reagiscono inviando inverosimili e ridicolissime emoticons, anche animate.
Si fa dunque fatica a lasciarsi coinvolgere da un film che -in questa prima fase- sembra un semplice insieme di screenshoots di qualunque pornochat room. Quando subentra l'enigma del "doppio" è ormai svanito ogni interesse nei confronti del destino di una protagonista antipatica più che sensuale e meritevole -per scelte di vita discutibili- di un inevitabile isolamento sociale. Soldi facili, senza fatica, guadagnati con un avatar virtuale, portano via la dignità nella vita reale: se vogliamo questa sembra essere la morale di Cam. Un brutto film (nell'ormai consolidato stile della Blumhouse) impropriamente inserito nel catalogo horror. Un film che tradisce le aspettative del fruitore di genere e che, cosa ben peggiore, si lascia sfuggire -a causa di un regista/sceneggiatore improvvisato- ottime occasioni di approfondire un argomento tremendamente serio. Un argomento (quello delle porno chat) che avrebbe di certo meritato ben altro trattamento.
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