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Illang: Uomini e lupi

Regia di Kim Ji-woon vedi scheda film

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La recensione su Illang: Uomini e lupi

di supadany
5 stelle

Mettere le mani su un materiale preesistente è un’operazione inevitabilmente delicata. Redigere una copia, semplicemente fedele all’originale, sarebbe limitante dal punto di vista creativo, ma confluire gli sforzi su una visione parallela, dissimile dalle linee guida, conduce automaticamente su un terreno accidentato, con elevato rischio di creare astio nel serbatoio di partenza, riconducibile a quel fandom che potrebbe dichiarare una guerra senza confine.

Com’era preventivabile, con Illang: Uomini e lupi, Kim Jee-won non si accontenta di prendere l’input di partenza, mantenere la confezione e cambiare semplicemente il fiocco apponendo la sua firma, purtroppo però l’operazione ha i piedi d’argilla e veicola delle contraddizioni, che gravano pesantemente sul risultato finale.

Anno 2029. Da anni l’Asia è soggetta a moti che ne minano la stabilità, spingendo le Coree del Sud e del Nord a intraprendere un processo di unificazione. Questa iniziativa genera la Setta, un gruppo terroristico intenzionato a sabotarla che, per risposta, porta alla creazione della Brigate dei lupi, un’élite governativa, con il compito di annientarla.

Dopo non essere riuscito a evitare il suicidio di una giovanissima combattente, Im Joong-Kyung (Dong-won Gang), un uomo delle brigate, è esposto a un forte trauma, che lo esorta a incontrare la sorella maggiore della vittima (Hyo-Joo Han).

Questo incontro complica la posizione di Im, tanto più che ai piani alti è in atto una faida interna, che lo fa diventare un soggetto sgradito, da eliminare con ogni mezzo.

 

scena

Illang: Uomini e lupi (2018): scena

 

Illang: Uomini e lupi è la versione in carne ed ossa di Jin-Roh, un popolare manga nipponico ideato da Mamoru Oshii, nei nostri lidi idolatrato principalmente per Ghost in the shell, che successivamente ne ha curato anche la trasposizione anime.

Dunque, si parla di un’opera molto attesa, tanto più considerando che la regia è stata affidata a Kim Jee-won, autore sudcoreano divenuto di culto grazie a opere come Bittersweet life e I saw the devil.

Sfortunatamente, i facili entusiasmi creati da questa collisione di potenzialità, crollano rapidamente. Il formato grandeur potrebbe rievocare il più recente L’impero delle ombre, non tanto perché la Warner Bros ha nuovamente partecipato alla produzione, quanto per la costruzione articolata, che vorrebbe essere complessa. Se in quel caso poteva apparire tutto tremendamente complicato, è pur vero che si parlava di scavare nel passato, ma questa volta si guarda in avanti e creare un siffatto groviglio non produce gli stessi effetti, anche perché in fondo sarebbe tutto tremendamente semplice.

Di fatto, il cuore pulsante di Illang: Uomini e lupi è situato al grado zero del dispositivo, rintracciabile nel legame instaurato tra Im e la ragazza che dovrebbe incastrarlo, così come negli usuali giochi di potere, ma l’evoluzione del plot è inutilmente appesantita dal contorno, con una lunghezza considerevole che, invece di aggiungere, toglie, almeno nel respiro.

Di conseguenza, siamo lontani anni luce dalla ricerca dell’essenzialità, il telaio è soggetto ad accelerazioni (solitamente di buona fattura), frenate (talvolta discutibili) e momenti di stasi che non acquisiscono profondità, per una risultante disomogenea, non tanto per le continue variazioni del numero di giri della frequenza, quanto per la qualità dei singoli spunti.

A valle di tutto, rimane immutata l’abilità da metteur en scene di Kim Jee-won, che offre un rimarchevole contributo nelle scene più movimentate, così come nell’estratto finale, che possiede l’eleganza dei melodrammi in bianco e nero di un tempo, ma la costruzione palesa un costante affanno, dal quale non è possibile liberarsi.        

Un discreto pasticcio, moderatamente legittimato da episodici squarci di luce, esclusivamente riconducibili alla tecnica sopraffina del regista, che non si dimentica neanche nelle peggiori occasioni.

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