Regia di Silvano Agosti vedi scheda film
Una delle utopie che emersero dal decennio di lotte 1968-1978 era quella che riguardava la presunta liberazione dell’uomo da parte del lavoro. Riprendersi la vita significa(va) soprattutto non dover spendere la maggior parte del proprio tempo rinchiuso in una fabbrica o in un ufficio. Perché non si doveva e non si deve vivere per lavorare e né lavorare per vivere. Ma riappropriarsi, invece, dell’espressione artistica, della capacità di sognare, di esplorare la propria condizione umana al di fuori di schemi di produzione e consumo. Complementare a questa chimera sociale c’era anche la più concreta mobilitazione per quelli che erano idiritti del e al lavoro, che in quegli anni assunsero maggiore rilievo e importanza. In questa danza fra realtà e speranze di cambiamento l’immaginazione avrebbe dovuto riscrivere l’esistenza e le sue dinamiche in modo nuovo e avvolgente, attraverso il desiderio di stare insieme, di agire in comune. Il movimento è stato un enorme corpo in costante mutazione (studenti, lavoratori, femministe) sempre in bilico fra la gioia della protesta politica e la sua possibile deriva (auto)distruttiva (le armi, le droghe). Nelle parole e soprattutto negli occhi di alcuni degli intervistati (Bertolucci, Pietrangeli, Piperno, Grifi) risplende ancora la luce che illuminò quegli eventi o per lo meno il suo riflesso appare in quegli sguardi (catturati da intensi e empatici primi piani) intatto.
Silvano Agosti ricostruisce in maniera cronologica il susseguirsi dei fatti di quella decade conservandone in maniera stupefacente lo spirito, il senso di collettività esuberante, le piazze, i cortei, le canzoni, le manifestazioni, i comizi. Le immagini diventano quindi documento storico personale (nella narrazione) e pubblico (nell’origine dei filmati) e un modo per ricordarci che più di un tentativo in passato è stato fatto per cambiare l’ordine del Paese in cui viviamo o abbiamo vissuto. Ed è stato fatto anche e soprattutto con sorrisi e solidarietà e amore. Con un calore umano che tristemente è andato perduto. La violenza non è stata altro che il modo di uccidere quel sentimento rivoluzionario. Le aggressioni della polizia, le bombe nelle piazze e sui vagoni, l’uccisione di Aldo Moro.
Ogni onda è destinata dalla sua stessa natura ad infrangersi.
Solo perché un’altra ne possa arrivare.
Queste acque piatte e stagnanti sulle quali alcuni di noi ancora fissano lo sguardo ci faranno mai alzare gli occhi dal nostro riflesso che sta invecchiando per domandarci, fosse anche in un sospiro, quando di nuovo si alzerà il vento?
- visto alla Casa del Cinema, Fuorinorma #3
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