Regia di Alberto Fasulo vedi scheda film
In anni di "nuovo medioevo", un film potente e senza appello, come questo di Fasulo, è ben lontano dal sembrare fuori tempo, anacronistico, poco interessante. Il regista è alla sua prima prova sul cinema di finzione dopo una bella carriera da documentarista, e ci racconta la vicenda di Domenico Scandella, detto "Menocchio", da Montereale, Friuli, mugnaio che nella seconda parte del cinquecento osò mettere in dubbio i dogmi della Chiesa, subendo le torture dell'Inquisizione friulana, il processo, l'abiura, il carcere e, infine, la morte. Vicenda terribile, facente parte, certo, di un'epoca lontana, ma che parla anche al nostro quotidiano, alla libertà d'ognuno di noi di essere ciò che si crede e di credere in ciò che si ritiene giusto. Fasulo imbastisce un film rigoroso, austero, forte, che non lascia nulla allo spettacolo, alla fiction, e gioca le sue carte fra il buio delle segrete dove Menocchio viene rinchiuso e il buio dei volti che lo interrogano, fra denti marci, nasi ritorti e mantelle papali. La luce violenta delle montagne friulane fa da contraltare al percorso di Menocchio: è un film, comunque, di parole, tutte pesanti e importanti, dove si usa anche il dialetto "furlan", seppure sporadicamente. Tutto questo concorre a creare un'opera filmica densa e lontanissima dal Cinema italiano a cui ci vogliono abituare, che richiede un po' di attenzione ma che ripaga, consegnando alla memoria un personaggio ai più sconosciuto e sicuramente da approfondire. Bravi gli attori, perlopiù non professionisti, credibili e in parte. Cinema fortemente anti clericale, finalmente. In visione su Amazon Prime: complimenti per la visibilità data.
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