Regia di Alberto Fasulo vedi scheda film
Nel XVI secolo il monaco agostiniano Martin Luther mise a soqquadro lo status quo con le sue "Disputatio pro declaratione virtutis indulgentiarum". Quelle 95 tesi spedite al vescovo e che avrebbero dovuto, nel cuore del religioso tedesco, essere l'inizio di un confronto teologico ed una richiesta di risanamento dei costumi corrotti della Chiesa Romana, si tramutò ben presto in un atto scismatico appoggiato dai principati tedeschi che avevano ben chiara la possibilità di sdoganamento politico e religioso da Santa Romana Chiesa e soprattutto dal cattolicissimo Sacro Romano Impero. Ben presto il luteranesimo fu imitato da altri movimenti protestanti, specie nei paesi anglosassoni, che costrinsero il Papato ad una feroce terapia d'urto. Anziché un'apertura verso le istanze scismatiche si assistette al proliferare di una recrudescente politica di conservazione mentre la vera e propria controriforma dei costumi religiosi, auspicata dagli ambienti riformisti, rimase lettera morta. Non stupisce dunque il clima di diffidenza da parte della Chiesa, che si diffuse nel '500 a seguito degli scismi e del concilio di Trento, e l'importanza che assunse l'Inquisizione per frenare ogni tentativo di riforma politico/religiosa all'interno dello Stato Pontificio ed in seno ai singoli stati che osasesso mettere in discussione il primato di Pietro. Fu in quel clima che il mugnaio friulano Domenico Scandella venne processato per eresia a seguito dell'arresto avvenuto nel 1584.
Il film di Alberto Fasulo ha raccontato della detenzione e del successivo processo del Menocchio ispirandosi ai fatti reali analizzati in un saggio degli anni '70 dello storico Carlo Ginzburg. Abbracciando lo stile scarno del documentario, a cui ha legato le proprie precedenti fortune, Alberto Fasulo ha preso delle decisioni impopolari. Ha rifiutato di rappresentare la violenza fisica sul condannato ed ha rinunciato a scene ed immagini altamente spettacolari. Ha scelto primi e primissimi piani sui volti, sui corpi e sugli elementi della natura per mantenere un senso di maggior compostezza di fronte alla tematica e, invero, per sopperire ai problemi di budget che gli avrebbero reso difficile ampie ricostruzioni storiche. Un'imbarcazione a remi ripresa con una carrellata dal basso mentre si muoveva lenta in un canale è stata più che sufficiente, per inserire la storia in un preciso contesto senza dover ricorrere a più suggestivi e complessi campi lunghi. Fasulo ha, inoltre, girato molto in interni, non solo per la necessità di narrare il vissuto di un uomo in carcere. Con un lavoro eccellente di luci ha rischiarato la figura massiccia di Menocchio lasciando che il continuo e scattoso tremolio della torcia unito al rumore del sego bruciante svelasse lo stato d'animo incredulo e confuso del protagonista. Le luci ora fioche ora baluginanti, a mio avviso, hanno inteso rappresentare un mondo spiritualmente allo sbando: quello di Menocchio costretto a riflessioni troppo elevate su concetti dogmatici astrusi che richiesero secoli di dispute prima di essere codificati; quello del popolo analfabeta e abbandonato dalla propria chiesa, disposto a rivolgersi a riti pagani e di magia nera purché salvifici; quello dei prelati pronti a ricorrere alla graticola prediligendo, alla cura delle anime e dei corpi, gli effetti politici del rogo sulla piazza. Il regista ha, inoltre, reso protagonisti i suoni con un egregio e significativo lavoro. La musica ha lasciato il posto a dialoghi essenziali e lunghi silenzi interrotti solamente dal rumore metallico delle porte e delle serrature: altra scelta che ha remato contro una facile presa emotiva sul pubblico. Infine Fasulo ha rappresentato una moralità piegata dal travisamento del messaggio evangelico nella rappresentazione di prelati e religiosi dall'aspetto effeminato e laido dotati di una lingua melliflua, incomprensibile e lontana dalla schiettezza del mondo contadino. A mio parere la sequenza del sogno dello Scandella appare poco necessaria mentre la sgradevole scena dell'uccisione della mucca da sacrificare a qualche entità pagana o diabolica per ottenere la scarcerazione di Menocchio ha un notevole impatto visivo. Ed ha un significato simbolico interessante in quanto rimarca la facile abiura del credo contadino che era dedicato al Dio dei cristiani o alle divinità ancestrali secondo necessità. Per la nascita del vitello la moglie di Menocchio ha recitato il rosario a Maria, per la sua morte, diventa la Chiesa nemica, ad essere invocate sono state altre superstizioni.
Marcello Martini è un credibile Menocchio mentre la figura del carceriere (Carlo Baldracchi) si ritaglia un posto particolare nel racconto, caricata com'era delle attese vissute dallo stesso pubblico in sala circa la sorte del mugnaio. Un po' più ingessata la resa recitativa in genere anche se la scelta di perfetti e normali sconosciuti è collimata con le esigenze di veridicità e storicità dello script. Tra gli elementi dibattuti, uno dei più importanti, a mio avviso, è stato il messaggio che la Chiesa voleva soprattutto sedare qualsiasi forma di ribellione che potesse toccare il potere secolare esercitato. Il rogo dunque doveva fungere da deterrente per chi volesse disconoscerne il potere secolare. La vera eresia era quella: disobbedire all'autorità pontificia. Non è stato un caso che un solo prelato si sia espresso nella volontà di recuperare l'anima dell'eretico con la catechesi e senza violenza corporale. Per tutti gli altri la questione era ben altra e solo il fuoco avrebbe mondato l'anima del malato e soprattutto preservato i privilegi dei suoi aguzzini. La forza del film che sfiora, solamente, le pur dibattute questioni teologiche è questa: dare un obiettivo quadro politico all'interno del quale si colloca una triste storia di prevaricazione. Menocchio è un film onesto che dibatte su questioni spinose come la libertà di pensiero ma senza cercare facili e superficiali riconoscimenti in chi guarda. Se e quando Fasulo riuscirà ad addolcire i caratteri documentaristici del suo cinema potrà ambire, a ragione e con merito, ad ottenere un numero maggiore di sale, pur mantenendo alto l'indiscusso livello qualitativo del proprio lavoro. Film che sento di consigliare a tutti per le doti registiche dimostrate e per la sincera rappresentazione storica della vicenda.
Rassegna "I volti del destino" - Cinema S. Pietro - Montecchio Maggiore (VI)
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