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Menocchio

Regia di Alberto Fasulo vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Menocchio

di yume
8 stelle

Unico titolo italiano del Concorso Internazionale Lungometraggi di Locarno 2018 e Grand Prix du Jury al Festival di Annecy 2018,Alberto Fasulo nasce come operatore e continua ad esserlo qui anche oltre la regia.Si avverte la mano di chi usa la camera come un pennello e rende materica la scena come uno scultore estrae corpi dalla materia bruta.

scena

Menocchio (2018): scena

La steady cam tallona Menocchio lungo tutto il percorso di resistenza umana messo in atto in una vita di uomo semplice ma non analfabeta, uomo di malga e di paese, contadino e mugnaio in quel di Montereale Valcellina, Friuli, un posto di cui nessuna storia parla e sulle mappe si perde come un fungo chiodino in un bosco fitto.

Amava le chiacchere di paese, Menocchio, quelle a voce alta, dopo la Santa Messa in piazza con gli amici o la sera con un buon bicchiere in mano, e le sparava grosse in tempi in cui non erano i manganelli e le purghe a mettere a tacere, era di più, era un potere millenario che non perdonava.

La Santa Inquisizione, santa perché tutte le altre erano profane.

E poi pare che il pievano del paese concupisse, non ben accetto, le sue figlie, c’era di che guardarsi alle spalle. E il pievano lo denunciò.

Ma cosa diceva Menocchio, lettore disordinato di un pugno di libri, ma uomo capace di pescare nel mare profondo dentro di sé?

Poche cose ma molto chiare: parlava dell’origine dell’Universo.

Io ho che, quanto al mio pensier et creder, tutto era un caos, cioè terra, aere, acqua et foco insieme et quel volume andando così fece una massa aponto, come si fa il formazo nel latte et in quel deventorno vermi et quelli furno li angeli. Et la santissima maestà volse che quel fosse Dio et li angeli, et tra quel numero de angeli ve era ancho Dio, creato anchora lui da quella massa in quel medesmo tempo et fu fatto signor con quatro capitanii Lucivello, Michael, Gabriel et Rafael, qual Lucibello volse farsi signor alla comparation del re, che era la maestà de Dio et per la sua superbia Iddio commandò che fusse scaciato dal cielo con tutto il suo ordine et la sua compagnia. Et questo Dio fece poi Adamo et Eva et il populo in gran multitudine per empir quelle sedie delli angeli scacciati, la qual multitudine non facendo li commandamenti de Dio, mandò il suo figliol, il quale li giudei lo presero et fu crucifisso”

 

A questa esegesi biblica dei poveri aggiungeva che i sacramenti e le preghiere sono inutili per la salvezza dell’uomo, bastano le buone opere, indipendentemente dall'appartenenza religiosa. E poi bestemmiava perché per lui la blasfemia non era peccato.

Tutto qua, se vi par poco.

Arrestato e sottoposto a quattro interrogatori tra febbraio e maggio 1584, ai giudici espresse le sue teorie con semplice convinzione e tanta bella ingenuità.

Costretto alla lettura di un’abiura di venti pagine, fu condannato al "carcere perpetuo", trasformato nei “domiciliari” dopo due anni. Dovè indossare il cosiddetto “abitello d’infamia” che lo identificava apertamente quale eretico, ma non riuscendo a rispettare un opportuno silenzio per via delle idee che tanto amava fu infine riarrestato nel 1599 e condannato al rogo.

 

Alberto Fasulo

Menocchio (2018): Alberto Fasulo

Incapace infatti di starsene un po’ zitto, e poiché i “domiciliari” funzionavano allora come oggi, in piazza a Udine per le feste di Carnevale un suonatore di sagra lo sentì dire che “la Bibbia era tutta un'invenzione dei frati”. Dubitare della verginità di Maria, della verità di Vangeli e Sacramenti e vedere la presenza di Dio negli elementi naturali e materiali del mondo erano i suoi temi abituali, equell’anima bella del musicante lo denunciò.

Come relapso, cioè ricaduto nell’errore, fu finalmente bruciato vivo nell’agosto del 1599 nella piazza di Portogruaro, ridente cittadina nell’area metropolitana di Venezia, con gran trionfo di angeli e santi.


Al secolo Domenico Scandella, Menocchio è protagonista, prima che del film di Fasulo, del libro dello storico Carlo Ginzburg Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del '500, Einaudi 1976, che parla della vita e dei due processi per eresia fino alla condanna finale.

Altri storici si sono occupati di lui perché motivati a capire le fonti illustri da cui si espandono forme di cultura popolare con idee spesso semplificate per la mensa dei poveri.

Di eresie pullulava il Medio Evo, catarismo, anabattismo e antitrinitarismo avevano trovato area fertile nel veneziano, le teorie di Valdés avevano schiere di seguaci, materialismo e miscredenza diventavano minacce sempre più forti al potere della Chiesa.

Questo dunque il soggetto.

E questo il film, dove le parole e i fatti prendono corpo e le luci, il montaggio, il mix sonoro, il casting tutto orientato all’assunzione di attori di strada realizzano uno spettacolo di grande forza visiva e impatto concettuale.

 

Il volto intenso e scavato da un bel reticolo di rughe di Menocchio è sempre in primo piano, Marcello Martini, ingaggiato in un casting a cui arriva per caso è il protagonista assoluto, quasi una reincarnazione, anche visto dal vivo, nel giro fatto per presentare il film nelle sale d’essai.

Si entra in un quadro del cinque/seicento, le ombre stringono i corpi che lampi di luce fissano in pose dinamiche e immobili insieme, inchiodate nell’attimo che fu il centro della loro vita.

Con l’evidenza plastica e il risalto drammatico di un colore che sta fra Tintoretto e Caravaggio, la figura di Menocchio assurge a simbolo figurativo di un’umanità piagata ma non piegata,

"Il Dio delle ricchezze è qui... Ma il Dio dei poveri, dov'è?". 

Alberto Fasulo

Menocchio (2018): Alberto Fasulo

Unico titolo italiano del Concorso Internazionale Lungometraggi di Locarno 2018 e poi Grand Prix du Jury al Festival di Annecy 2018, il suo regista Alberto Fasulo nasce come operatore e continua ad esserlo qui anche oltre la regia.

Si avverte infatti la mano di chi usa la camera come un pennello e rende materica la scena come uno scultore estrae corpi dalla materia bruta.

Calato nel territorio del Nord Est in cui nasce e di cui vede tutte le contraddizioni, Fasulo è regista dal 2008 con Rumore bianco, omaggio audiovisivo al fiume Tagliamento, vincitore al Festival internazionale del film di Roma nel 2013 con Tir  e documentarista nel 2015 con Genitori, dedicatoad un gruppo di persone con figli disabili.

La memoria del mugnaio friulano non poteva perciò sfuggire al suo cineocchio che della cultura contadina conosce i tempi e i riti. Girare solo una scena al giorno, passare ore e ore ad aspettare il parto di una mucca, muovere con sapienza la macchina a registrare il respiro dei personaggi per far balzare sul viso i pensieri e farli leggere a noi è impresa non da poco.

Un cast di celebrità non avrebbe forse risposto allo scopo, finalità etiche ed estetiche raggiunte con lo stesso colpo d’ala in un film da vedere, quando e se passerà nelle sale.

 

 

www.paoladigiuseppe.it

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