Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film
L’ottima accoglienza attribuita dal pubblico a “Sabotatori” spinse il produttore Jack Skirball a rinnovare il prestito con David Selznick cosicché Alfred Hitchcock potesse lavorare, ancora una volta, per gli studi di Universal. Il nuovo progetto si intitolava “Shadow of a Doubt” e venne girato nella seconda metà del 1942 attingendo ad un soggetto suggerito al maestro da una collaboratrice di Selznick, moglie del romanziere Gordon McDonell che lo aveva elaborato.
Nel film si narrano le vicende di un uomo, apparentemente braccato che, dopo un lungo viaggio in treno, finisce dall’altra parte dell’America, in California, dove si ricongiunge alla sorella e alla famiglia di lei.
Charlie (Joseph Cotten) viene accolto con entusiasmo specialmente dalla giovane nipote Charlie (Teresa Wright). Le affinità tra i due non si riducono all’omonimia. La giovane Charlie mostra la stessa curiosità e lo stesso acume dello zio nonostante un divario d’esperienza tra lei e l’uomo, un viveur giramondo dai modi piuttosto inquietanti, che gioca un ruolo fondamentale, almeno sulle prime. La presenza dell’uomo porta scompiglio nella casa di Emma Newton finché la nipote, imbeccata da un’insolita visita della polizia, che si introduce in casa sotto mentite spoglie, inizia a percepire qualcosa di oscuro nel comportamento dello zio. Charlie è veramente l’amorevole fratello che si paventa agli occhi di Emma? O dietro la facciata si nasconde una persona subdola e manipolatrice?
“L’ombra del dubbio” spicca per la bravura dei suoi interpreti. Teresa Wright, che a ventiquattr’anni aveva già collezionato parti importanti e numerosi riconoscimenti, interpreta la devota nipote con l’aria trasognata della ragazza borghese, appena diplomata, che si affaccia alla vita per la prima volta. La fotografia in bianco e nero di Joseph A. Valentine ne esalta le forme da ragazzina involontariamente civettuola a cui lo zio Charlie non rimane impassibile. C’è qualcosa nel rapporto tra i due Charlie che probabilmente venne bollato come peccaminoso nell’America del ’42, un qualcosa di innaturale che culminava nel dono di un anello prezioso a suggellare una complicità sin troppo ostentata.
La pellicola di Hitchcock è percorsa, del resto, da una latente carica erotica che tenta di affiorare in superficie a più riprese, almeno finché la giovane donna è in balia dell’infatuazione adolescenziale che nella prima parte del film la rende cieca alla verità.
Il tema del doppio è preminente. A Joseph Cotten è sufficiente simulare il tremore delle mani che si stringono attorno ad un oggetto o simulare un impeto di rabbia irrefrenabile per anticipare la violenza che il suo personaggio non è capace di tenere sotto il controllo severo di un atteggiamento maniacale. Charlie zio è un versione moderna di Jakyll & Hyde. Hitchcock costruisce la pellicola sull’attesa snervante del colpo di scena in cui Jakyll si impossessi finalmente del corpo di Hyde.
La coppia funziona molto bene dando vita a due opposte personalità, in guerra tra loro, che lottano per emergere l’una a danno dell’altra. Per cui si può dire che non solo vi è una lotta interiore nel personaggio di Cotten per la supremazia ma vi è una battaglia palese tra due diverse persone che porta all’annientamento di quella più debole.
Il finale tra l’amaro e il malinconico, che segna la fine della spensieratezza della protagonista, e la conversazione tra Charlie e l’agente Graham (McDonald Carey) sui mali del mondo, comunicano una visione insolitamente pessimista di Hitchcock nei confronti dell’umanità. Strozzato da mani possenti, il tipico umorismo del maestro è confinato alla presenza esilarante dei due bambini di casa Newton che rinverdiscono l’infanzia lontana del maestro con la loro logica e la loro assennatezza. A loro spetta il compito di alleggerire il tono criminale e drammatico del soggetto e, sempre a loro, quello di sostituire, in un futuro incerto, un mondo adulto che non ricorda più l’innocenza del proprio passato.
L’anomala cupezza del regista, che mi è parso di cogliere in questa pellicola, probabilmente si giustificava nel clima di guerra, nell’insensatezza di un conflitto che stava martoriando i popoli e nella morte della madre del regista che Hitch non poté raggiungere in Inghilterra per ragioni di sicurezza. Per certi versi anomalo, questo film di Alfred Hitchcock, con accenni biografici importanti come l’amore per la lettura e l’utilizzo del nome di Mrs Hitchcock per il personaggio di Mrs Newton fu una sorta di terapia con la quale fuggire al dolore della perdita, all’orrore della seconda guerra mondiale e alla meschinità della “piccola” società di provincia. Proprio nei confronti di quest’ultima arriva la critica sprezzante del maestro che, nel buon nome della borghesia bianca di Santa Rosa, percepisce tutta l’ipocrisia che sotto la perfezione si cela. Qualche forzatura di troppo nella sceneggiatura è presente nel silenzio che segue l’incidente in garage tuttavia il costante confronto tra i Charlie tiene viva l’attenzione verso un gioco distruttivo che mira a preservare lo status quo facendo leva sulla difesa imperitura delle apparenze.
"Shadow of a Doubt" è un film fortemente personale e malinconico, un'anomalia necessaria quanto il colore insolitamente bruno della chioma di Teresa Wright. (V.o.s.)
Dvd Ed. Universal/Panorama 2007. I grandi registi. Hitchcock Collection
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