Regia di Amir Naderi vedi scheda film
Un giovane (Majid Nirumand, protagonista anche del precedente Il corridore) torna dopo due anni al suo villaggio, scoprendolo devastato dalla siccità. Tutti gli abitanti sono fuggiti, compresi i suoi familiari, e lo spettacolo che si presenta davanti ad i suoi occhi è terrificante: soltanto terra inaridita, capanne disabitate e carcasse di animali morti. Alla disperata ricerca di qualche traccia dei suoi genitori e dei fratelli, interroga i pochi viandanti in cui ha la fortuna di imbattersi, sparuti insediamenti di un'umanità spettrale, vagante in un deserto squarciato da raffiche di vento e sabbia, distesa sterminata di muta e raggelante desolazione. L'acqua è un sogno, un miraggio, ogni pozzo in cui riesce ad abbeverarsi una momentanea oasi di salvezza, l'effimera sospensione di un'agonia lenta ed inesorabile. In questo inferno la civiltà appare sempre e soltanto di passaggio, ammassi di ferraglia su quattro ruote che sprecano con noncuranza le poche risorse d'acqua (ed infatti il giovane prende a sassate alcuni automobilisti che stavano lavando le loro macchine). Salva un bambino, abbandonato tra le lamiere, da una morte certa e riprende il suo viaggio: e mentre i cani dilaniano le carni delle carcasse abbandonate di altri animali ed anche i pozzi sembrano essersi ormai esauriti, lui continua imperterrito a scavare, finchè, sotto i colpi rabbiosi del suo piccone, l'acqua, finalmente e liberatoriamente, esplode dalle viscere della terra ed inonda lo schermo, mentre la Quinta sinfonia in Do minore di Beethoven accompagna i titoli di coda. Il capolavoro dell'iraniano Amir Naderi, suo ultimo film realizzato in patria (e bloccato per tre anni dalla censura di regime) prima di trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti: uno splendido ed appassionato canto d'amore e disperazione alla purezza degli elementi, trasfigurato in una metafora angosciante della lotta per la sopravvivenza, in cui la fissità della macchina da presa incornicia il poetico e disperato eroismo del suo giovane protagonista nella profondità dei campi lunghi e lunghissimi su cui Naderi lascia stagliare le sagome e le ombre dei corpi, vittime impotenti dell'apocalittico e ribollente caos climatico in cui galleggiano alla deriva le misere esistenze dei suoi personaggi.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta