Regia di Roger Corman vedi scheda film
Datato gangster-movie su un personaggio femminile poco noto della vecchia criminalità americana girato da un "artigiano di Hollywood" con pochi mezzi e poche idee ma precise. Un film tragico e realistico spesso segnalato solo per la presenza nel cast di un futuro divo del cinema.
Questo e altri film del genere sono spesso liberamente ispirati a fattacci e sanguinarie leggende della vecchia cronaca nera americana, in questo caso a quelle bande di gangsters sorte come funghi nel periodo della “Grande Depressione” americana tra gli anni venti e trenta del secolo scorso, composte da pochi criminali disperati che rubavano e ammazzavano per sopravvivere, oggi diventati personaggi da documentario televisivo in un grande e ricco paese con poca storia. Si tratta di piccola criminalità da vecchio Far-West rurale, che niente aveva che fare con quella metropolitana dei più noti boss del crimine organizzato come Al Capone o tantomeno con le famiglie mafiose italoamericane della serie “Il Padrino” di Coppola, piccole bande di rapinatori male organizzate sulle quali prima o poi le forze di polizia avrebbero avuto la loro rivincita, destinate a una fine ingloriosa insieme ai loro capi, spesso uccisi a tradimento e talvolta esibiti al pubblico e alle cineprese per qualche breve servizio di un cinegiornale.
"Il Clan dei Barker" è stato girato da un regista commerciale di vari generi allora di moda, girati a basso costo e di conseguenza con attori e attrici di secondo piano, per nulla noti anche da noi. Infatti nel cast si notano solo Shelley Winthers nel ruolo di Ma Barker, un allora sconosciuto e giovane Robert De Niro e dei ceffi di attori secondari che rimasero per sempre ignoti come Bruce Dern e Don Stroud. Poco tempo dopo Roger Corman, che si vantava di dirigere film che costavano la metà di quelli più noti dei suoi, girerà opere cinematografiche di tutt’ altro genere, compreso un film sul Barone Rosso, l' asso degli assi dell’ aviazione tedesca della prima guerra mondiale e i suoi nemici inglesi. Il film ispiratore è ovviamente “Gangster Story” di Arthur Penn, con Warren Beatty e Faye Duneway, uscito al cinema poco tempo prima con un discreto successo di critica e pubblico. Rispetto al primo della serie su Bonnie and Clyde questi Ma Barker and Sons non sono rappresentati come "simpatiche canaglie" ma come una sciagurata famiglia di campagnoli balordi, drogati, incestuosi e gay guidati da una mammona autoritaria quanto apprensiva, la vera mente della banda di rapinatori e sequestratori... Cosa un po' improbabile in un epoca in cui le donne non erano considerate capaci di pensare ne tantomeno di comandare degli uomini adulti. Infatti lascerà guidare la banda al figlio più grande Herman (D.Stroud) uno psicopatico che picchia e uccide per niente, oltretutto stanco di essere trattato dalla madre come un bambino.
Nel film di Corman i Barker muoiono quasi tutti uccisi dalla polizia (a parte Loyd Barker, quello interpretato da De Niro, morto per overdose di eroina e la "moglie" del fratello Herman Mona Gibson) nella realtà la famigerata Kate Barker alias “Bloody Mama Barker” venne uccisa nel 1935 dagli agenti dell’ FBI insieme al figlio Fred in una villetta di campagna nei pressi di un lago in Florida (oggi in vendita a un prezzo superiore al suo vero valore) Dentro i bar di quella zona si vedono ancora dei quadri con dentro le ristampe dei manifesti segnaletici dell' FBI e degli articoli dei giornali dell' epoca sul Clan dei Barker. Un altro figlio (Arthur "Doc" Barker) venne catturato vivo e morì nella prigione di Alcatraz ucciso dalle guardie in un tentativo di fuga. Un complice non imparentato (Alvin Karpis detto "The Creepy" - Il Raccapricciante, probabilmente la vera mente direttiva e organizzativa della banda famigliare) uscì da Alcatraz con i capelli bianchi per poi emigrare in Canada e morire in Spagna nel 1979 mentre un altro dei fratelli Barker (Loyd) scarcerato prima, visse una vita apparentemente normale insieme alla moglie per poi finire ucciso da lei nel 1949. La moglie di Loyd Barker finì in manicomio. Herman fu uno dei primi figli di Mamma Barker ma non era certo quel freddo e determinato capobanda che si vede nel film, infatti quello vero si suicidò nel 1927 pare perchè temeva di essere arrestato dopo una rapina finita male, durante la quale aveva sparato a un poliziotto. Il direttore dell' FBI Edgar G. Hoover ordinò alla stampa di dare importanza alle gesta di queste bande di cani sciolti come quella dei Barker e quelle più note di Bonny and Clyde e John Dillinger, sopratutto per fare della propaganda alle sue squadre di agenti speciali con licenza di uccidere, specialmente quando questi criminali venivano arrestati o uccisi dalla polizia, spesso dopo dei brevi ma violenti scontri a fuoco con mitra e fucili a pallettoni.
Finzione e realtà a parte, la definizione della psicologia dei personaggi principali del film è tagliata a raffiche di mitra. Corman mostra che la madre dei quattro banditi era stata violentata da bambina dai suoi due fratelli con il consenso del padre, crescendo con del rancore nei confronti degli uomini e un malcelato disprezzo verso la vita del prossimo. Nel film pare che intraprenda la carriera criminale insieme ai figli anche perché delusa dal marito inetto, che lascierà al suo destino senza farsi rivedere mai più. Tralasciando il citato Herman e il fratello drogato interpretato da De Niro, gli altri due componenti del clan criminale a conduzione famigliare sono figure di scarso spessore, interpretati da attori ancor meno noti di Dern e Stroud. Ad essi si aggiungono l’ amante di uno dei figli conosciuto in galera (B.Dern) un sadico con l’ hobby del lancio dei coltelli e una giovane prostituta scelta da Herman come moglie dopo averla passata ai fratelli, altri due personaggi minori poco più che caratteristici ma che in nessun caso cercano di accattivarsi la simpatia dello spettatore. Ovviamente prevale su tutti l' interpretazione della protagonista Shelley Winters, una brava attrice americana ex moglie di Vittorio Gasmann, che si aggiudicò ben due Premi Oscar dopo aver recitato in decine di film di vario genere, compresi due film italiani diretti da Monicelli e Bolognini.
Di durata medio-bassa "Il Clan dei Barker" ha un certo ritmo nelle scene d’ azione e una convincente ricostruzione storica nonostante i mezzi limitati e una discreta dose di violenza visiva che lo rendono abbastanza realistico, specialmente nella tremenda scena finale quando Hermann decide di suicidarsi sparandosi in faccia con un mitra. Con alcune immagini di repertorio il film ci mostra che nell’ ambiente provinciale dei fratelli Barker, oltre alle rapine in banca, andavano di moda i linciaggi dei negri fomentati dalla setta razzista del Ku-Klux-Klàn, allora un partito politico che sfilava a Washington in pieno consenso elettorale. Come colonna sonora una ballata country che narra di una sanguinaria mamma Barker che amava i suoi figli. Dove finisca la realtà e cominci la finzione di questo film di gangsters non si sa ma sicuramente è l’ ennesima rappresentazione negativa e tragica della vecchia America girata negli anni della guerra in Viet-Nam da registi americani più o meno famosi come in questo caso.
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