Regia di Roger Corman vedi scheda film
Un film selvaggio, poetico e iconico, nei colori della terra bruciata e dell'erba secca. Come ne "Le donne della palude" e "Le dee della scogliera del pescecane", Corman fa della natura l'ambiente in cui l'uomo ritorna, in piena consapevolezza, alle proprie origini primitive di assassino e saccheggiatore. In quest'opera la via della perdizione è segnata da una disumanità ferrea e programmata: il clan dei Barker è una struttura matriarcale fondata su un patto di sangue tra cacciatori. Tutto il resto degli esseri viventi, uomini e bestie, è preda, a cui vanno tolti denaro, sostanze, sangue e vita. Il cinismo è una regola di sopravvivenza che diventa dovere di obbedienza e criterio di autodisciplina, sul quale si misurano al lealtà ed il coraggio. La leggenda criminale di mamma Kate e dei suoi quattro figli è un'epopea tetra, che prende in prestito dalle storie di banditi i temi della sfida contro il mondo, della fuga e della clandestinità. Tuttavia questi elementi non delineano i contorni di un'avventura, bensì diventano i confini di una prigionia cupa e disperata, i cui protagonisti sono schiavi degli impulsi primordiali, oltre che incatenati in vincoli familiari morbosi e deviati. In questo film il vigore narrativo di Roger Corman è come una lama affondata nel fitto intrico degli istinti e nella molle carne delle inclinazioni animali, che qui appare rivestita di una scorza di dura razionalità.
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