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Zen sul ghiaccio sottile

Regia di Margherita Ferri vedi scheda film

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La recensione su Zen sul ghiaccio sottile

di Spaggy
6 stelle

Convince a metà l’esordio alla regia di Margherita Ferri, che grazie al Biennale College Cinema ha portato a termine il dramma adolescenziale Zen sul ghiaccio sottile. Protagonista della storia è Maia, un’adolescente che tutti chiamano Zen (le prime tre lettere del suo cognome) e che in una non meglio specificata località sull’Appennino emiliano frequenta le superiori, gioca a hockey su ghiaccio in mezzo a tanti ragazzi e che è vittima di atti di bullismo per essere da tutti considerata lesbica. Isolata da tutti e con la sola complicità silente della mamma e del suo allenatore, Maia viene salvata dall’ennesima prevaricazione da Vanessa, una compagna di classe che in cambio le chiede un favore: le chiavi del suo rifugio di montagna per trascorrervi la notte con il fidanzatino e avere la sua prima volta. Maia accetta ma l’insoddisfazione sessuale generata dall’incontro porterà a conseguenze che nemmeno lei sarebbe mai stata in grado di prevedere.

Eleonora Conti

Zen sul ghiaccio sottile (2018): Eleonora Conti

 

Sfruttando il tema dell’identità come tematica di fondo, la Ferri si lascia sopraffare dal suo stesso film finendone inconsapevolmente vittima. Non perché non sia un’opera riuscita, intendiamoci: ha una freschezza di sguardo che la maggior parte degli esordienti italiani appena sfiora. Il problema, superato l’abbagliamento dei paesaggi poco rappresentati al cinema, è nella sceneggiatura: tante tematiche vengono lanciate senza essere mai approfondite, diversi snodi trovano risoluzioni semplicistiche e lo snodo stesso della vicenda ha qualcosa di prestabilito a tavolino. Il canovaccio è semplice: status quo, rottura e riconferma dell’eroe.

Prove d’iniziazione e analisi alla spicciola, ci dicono che Maia è solo un maschiaccio, che se vuole andare avanti nella vita deve imparare a reprimere gli istinti, che spesso è meglio ingoiare piuttosto che urlare la propria rabbia e che occorre sempre diffidare da coloro che da un giorno all’altro si professano amici. Per certi versi, invece, Maia rimane vittima della sessualità: non della sua ma quella dell’amica, che sembra essere uscita direttamente da I’m – Infinita come lo spazio (stesso colore di capelli, stessa attitudine al disegno: casualità?). Ma anche del complesso di Elettra: seppur inconsciamente, anela a diventare il padre morto e a sostituirsi a lui. Approfondire quest’aspetto sarebbe stato alquanto interessante: non mostrare le conseguenze di un video virale su YouTube quando si parla di sequestro di persona, invece, è infantile.

Vivendo dell’interpretazioni di giovani alle loro prime esperienze, Zen sul ghiaccio sottile è fin troppo chiaro e non avrebbe avuto bisogno di mostrare letteralmente il ghiaccio che a poco a poco si rompe sequenza dopo sequenza: le allegorie non vanno mai sottolineate altrimenti si corre il rischio di ritenere stupido lo spettatore. Urge però concedere presto alla Ferri una nuova opportunità: i movimenti di macchina, lo sguardo sul panorama e la delicatezza della regista meritano una storia diversa, sicuri che sentiremo molto parlare di lei in futuro.

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