Espandi menu
cerca
Il ladro di Parigi

Regia di Louis Malle vedi scheda film

Recensioni

L'autore

hupp2000

hupp2000

Iscritto dal 15 settembre 2005 Vai al suo profilo
  • Seguaci 58
  • Post 6
  • Recensioni 656
  • Playlist 27
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Il ladro di Parigi

di hupp2000
8 stelle

Bebel ladro gentiluomo in un film di Louis Malle da rivalutare.

Film tutt’altro che trascurabile sia nella carriera del regista Louis Malle che in quella di Jean-Paul Belmondo. Tratto da un romanzo del 1897 di Georges Darien, scrittore d’ispirazione anarchica nei tempi in cui l’anarchismo aveva un suo specifico peso politico, racconta vita e gesta di un classico ladro-gentiluomo. Orfano di una famiglia altolocata, Georges Randal diventa ladro per ripicca nei confronti dello zio-tutore che rappresenta ai suoi occhi il perfetto esemplare di grosso borghese egoista, retrogrado e attaccato solo al denaro. Una visione assai romantica e ingenua del malaffare, che offre però ad un Belmondo meno strafottente del solito in questo genere di cinema l’occasione di una prestazione ironica, elegante e mai sopra le righe. Il personaggio è certo scanzonato e insolente al punto giusto, ma lascia trasparire una certa malinconia di fondo, che ne aumenta lo spessore.

 

Credo si possa considerare “Le voleur” come un film realizzato a quattro mani. Da un lato l’ottima regia di Louis Malle, spigliata, rapida ma non concitata, con poche scene d’azione e pochi spari. Altrettanto impeccabile la direzione degli attori, compito agevolato da uno stuolo di artisti di prim’ordine, buona parte dei quali provenienti dall’esperienza della “Nouvelle Vague”, a cominciare dal protagonista. Dall’altro la sceneggiatura senza pecche di un genio del mestiere quale è stato Jean-Claude Carrière che nello stesso anno firmerà “Bella di giorno” (Luis Bunuel), proseguendo con una sfilza di titoli da leggenda come “La piscina” di Jacques Deray (1969), “Il Fascino discreto della borghesia” (ancora Bunuel, 1972) o “Il tamburo di latta” di Volker Schloendorff (1979), per citare quelli che frettolosamente ricordo. Ritmo e dialoghi frizzanti sono assicurati. Il tutto viene inserito in una scenografia raffinata quanto meticolosa nella cura dei dettagli, con interni sapientemente ricostruiti e splendidamente fotografati. Splendidi i costumi. 

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati