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L'uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot

Regia di Robert D. Krzykowski vedi scheda film

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La recensione su L'uomo che uccise Hitler e poi il Bigfoot

di alan smithee
6 stelle

La leggenda legata alla presenza del corpulento essere conosciuto come Big Foot, che pare l'anello di congiunzione tra l'uomo e la scimmia, trova una vasta popolarità negli Usa, in particolare negli stati delle foreste del nord del paese.
La vicenda singolare ed incredibile che motiva questo bizzarro e rischiosissimo film, trova al centro dell'azione un glorioso veterano di nome Calbin Barr che, verso la metà degli anni '90, si ritrova solo e malinconico, accudito dall'affetto del suo tenero cagnone, ma ancora energico e motivato da una integrità interiore che lo vede protagonista di singoli piccoli comportamenti che suffragano sino all'inverosimile la sua innata tendenza all'onesta senza mezzi termini.
Tramite ripetuti flash-back sapientemente dosati, lo incontriamo giovane e attraente gestore di un negozio di abbigliamento per signore che si innamora di una sua cliente insegnante di scuola, ma la cui relazione viene interrotta a causa della chiamata alle armi per lo scoppio del Secondo Conflitto Mondiale.

Durante la guerra il soldato si distingue a tal punto da essergli affidata una missione così segreta che diverrà un dogma di stato, impossibile da rivelare e destinato ad accompagnarlo nella tomba: l'uomo si rese responsabile in incognito dell'eliminazione di Hitler, grazie ad un rocambolesco piano riuscitosi, dopo mille peripezie, a portare a termine.
I giorni della vecchiaia dell'uomo si alternano tra la nostalgia dei ricordi, con particolare riguardo alla sua sfortunata storia d'amore, come pure a flash della clamorosa azione che lo rese protagonista di quell'evento bellico decisivo e segretissimo citato sopra.
Ma l'FBI non si è dimenticata di Calbin Barr, che viene, anche alla veneranda età delle oltrepassate settanta primavere, scelto tra gli eventuali candidati giudicati utili, per debellare una altrettanto misteriosa e segreta minaccia, rappresentata dalla presenza, nei boschi del circondario, del famigerato e leggendario "Big Foot": una presenza inquietante e pericolosa non tanto o solo per il suo agire, quanto per risultare piuttosto come portatore sano di una serie di epidemie letali verso cui la popolazione umana pare divenire il prossimo bersaglio.

Ci vuole un sano pizzico di follia e un gran coraggio per sostenere una trama così bizzarra, e riuscire a portare a termine un progetto così anomalo e fuori di testa: ma il regista e sceneggiatore Robert D. Krzykowski, sconosciuto al momento per quel che mi riguarda, riesce a condurre l'eccentrico progetto, tutto sommato con discreti risultati, verso un porto sicuro, anche se, nell'ambito della articolata e complessa storia che si dipana per oltre un cinquantennio, la vicenda finale dedicata al famigerato mostro delle foreste, si sviluppa secondo modalità sin troppo affannate e frettolose per convincere completamente.
La vicenda umana e storica che ha caratterizzato la lunga vita di Calbin, che non rinuncia a descrivere una intima e sofferta storia d'amore interrotta dal caso e dalle circostanze avverse di un destino crudele ed insensibile, è supportata dalla splendida interpretazione di un pimpante, ma non meno riflessivo, dolce e sensibile Sam Elliott, attore straordinario, relegato troppo spesso a ruoli di contorno, qui finalmente protagonista assoluto ed impegnato in un ruolo decisivo di questo suo capitolo maturo di una lunga e gloriosa carriera cinematografica vissuta con grande intensità. 
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