Regia di George A. Romero vedi scheda film
Il quarto film di Romero (terzo flop commerciale) è un action dai risvolti politici piuttosto lento e ripetitivo. Nonostante le valide idee di fondo, il film procede privo di ritmo e senza la presenza di personaggi in grado di attirare l'attenzione. Rifatto, in maniera meno ideologica e più spettacolare, da Breck Eisner nel 2010.
Nella piccola cittadina di Evans (Pennsylvania, USA), l'incidente d'un aereo carico di armi batteriologiche (denominate Trixie) crea una situazione di massima allerta, tanto che - visti gli effetti sulla popolazione - ben presto la città viene messa in quarantena e dichiarato lo stato di legge marziale. Gli "infetti", letteralmente impazziti, diventano pericolosi assassini in grado di uccidere, senza alcun rimorso, persino i loro familiari. Per limitare l'estendersi del contagio ben presto le forze militari sono costrette a far confluire i residenti in un unico punto di ritrovo, diventando il bersaglio d'un gruppo ribelle, mentre alcuni scienziati tentano, in una disperata corsa contro il tempo, di trovare un antidoto.
Non sorprende il fatto che La città verrà distrutta all'alba sia stato uno dei tanti flop commerciali firmati da George A. Romero, essendo in effetti un film girato e montato senza ritmo, basato su una storia dalle forti potenzialità (opera di Paul McCollough) ridotta in sceneggiatura dal regista a un insieme caotico di scontri verbali, dialoghi esagitati e continue riprese di attori (sprecati dato il loro talento) costretti a correre senza sosta tra i campi, nei boschi o lungo le vie cittadine ormai deserte. Pur con un budget sostanzioso (270.000 dollari) Romero riesce a rendere spettacolari solo le sequenze finali, disperdendo altrimenti il potenziale del soggetto per dare corso a un inconsistente quadretto "politico", animato da personaggi poco tratteggiati psicologicamente. Si nota, ovviamente, una certa continuità filosofica tra il precedente capolavoro, La notte dei morti viventi (1968) e il successivo cult (Zombi, 1978). Tuttavia limitata e ripetitiva in questa circostanza appare la messa in scena composta dal solito (inteso in senso romeriano) stato di emergenza, dalla confusione generale che può emergere solo in una situazione catastrofica eccezionale, dal contrasto tra militari, scienziati e civili, da dialoghi strillati per coprire l'assenza di un più semplice, ma genuino, spettacolo cinematografico.
Critica
"The Crazies (titolo italiano La città verrà distrutta all'alba) è il quarto lungometraggio diretto da George Romero. La pellicola precedente - Jack's Wife (titolo italiano La stagione della strega) - realizzata sempre nel corso del 1973, non ebbe molta fortuna. Dunque il cineasta ricominciava da zero: nuove strategie di distribuzione dovevano essere studiate. L'esperienza con Jack Harris, che si stava occupando in maniera criminale della circolazione di Jack's Wife, facendone slittare l'effettiva distribuzione fino al 1975, doveva servire da lezione. Inoltre il flop di There's always vanilla (il suo secondo film) aveva lasciato una situazione finanziaria a dir poco disastrosa, tanto che Romero fu persino tentato di dichiarare bancarotta. Invece riuscì ad assicurarsi un finanziamento di 225mila dollari (discreto per un B-movie) grazie all'interessamento della compagnia Pittsburgh Films, e soprattutto trovò in Lee Hessel un distributore entusiasta del progetto The Crazies, ma forse poco consapevole della capacità di attrattiva che una produzione sganciata da una major poteva avere su un pubblico di massa. La sceneggiatura di The Crazies si ispira ad un soggetto di Paul McCollough intitolato The Mad People poi rielaborato dallo stesso Romero. Il film comincia con una specie di prologo (...) che è addirittura un manifesto estetico: 125 secondi, 64 inquadrature, praticamente nessun movimento di macchina. The Crazies è tutto così, e va visto come il capolavoro di Romero come montatore (l'editing è suo infatti). Lui stesso afferma di aver seguito più il lavoro in moviola delle riprese. Il tentativo è quello di conferire alla scrittura per immagini un ritmo serrato, una sensazione di pura azione che lasci poco scampo allo spettatore. Benché la storia si possa classificare come "horror', siamo di fronte ad un perfetto action-movie che non fa rimpiangere i modelli dei maestri del genere. Il prologo ha solo il compito di introdurci (ma sarebbe meglio dire 'scaraventarci') in una storia di straordinaria follia. (...). Il clima che si respira nel buio delle stanze del potere è da Conversazione di Coppola (The conversation, 1974) segno che gli intrighi e le paranoie del film con Gene Hackman non sono isolati ma si iscrivono nell'atmosfera da 'strategia della tensione' tipica di quegli anni. (...) La follia è vista come una vera e propria espansione di normalità, nel senso che i personaggi colpiti dall'epidemia sembrano del tutto innocui, e sono come costretti alla violenza da desideri repressi o da perversioni rimosse. (...) I pazzi - a differenza degli zombi - combattono nel vero senso della parola, usano i fucili, addirittura la dinamite. Diventano insomma gli 'attori' di una vera e propria sovversione. Del resto lo stesso tema del contagio favorisce questa interpretazione: il virus entra in un corpo sano (in questo caso quello sociale) e lo devasta sistematicamente dall'interno. (...) I pazzi non possono guarire (perché la mutazione encefalitica è irreversibile) e dunque la situazione non può tornare al punto di partenza, l'ordine non si ricostituisce. Lo status quo resta in frantumi. È rivoluzione! (...) La città verrà distrutta all'alba è dunque un testo profondamente politico. (...)
Oltre al montaggio, alla stesura dello script e alla regia Romero curò di The Crazies anche la fotografia. Nessun dubbio che sia un'opera personalissima. Tra l'altro il gioco cromatico della pellicola si avvicina a quello netto di certi fumetti di cui il nostro è appassionato. La stessa divisa dei soldati (tuta, maschera antigas, cappuccio, anfibi) sembra rimandare ad alcune inquietanti presenze tipiche della fantascienza fumettistica sudamericana. Il film uscì nel marzo 1973 e venne praticamente ignorato dal pubblico. Hassel, il distributore, riteneva di avere tra le mani qualcosa di commercialmente esplosivo e pensò ad un lancio in grande stile, come se Romero avesse girato un blockbuster. Organizzò due prime in teatri di New York bruciando tutte le risorse in un battage pubblicitario eccessivo: vennero addirittura ingaggiate delle comparse che vestite in uniforme bianca giravano per le strade. E in Times Square fu costruita la gigantesca sagoma di un soldato. La strategia non funzionò: invece di insistere sui circuiti alternativi e sulle piccole sale Hassel preferì sfidare la grande distribuzione fallendo clamorosamente. Si fece un secondo tentativo cambiando il titolo della pellicola in Code Name: Trixie ma fu purtroppo tutto inutile."
(Mauro Gervasini) [1]
NOTA
[1] "Morte in diretta - Il cinema di George A. Romero" (Falsopiano), da pag. 57 a pag. 83.
"Che la politica sia maligna, per un machiavelliano come io sono, è del tutto normale. Soltanto gli spiriti deboli credono che la politica sia il luogo della collaborazione. La politica è il regno della sopraffazione. Ma la politica così concepita può stare in piedi solo se ha delle regole spietate di selezione interna: cioe' se la competizione è effettivamente aperta e c'è un continuo ricambio. Laddove, invece, i sistemi degenerano e la politica si riduce a gestione del potere di posizione, allora la situazione diventa pericolosa perché provoca reazioni assai violente."
(Gianfranco Miglio)
F.P. 14/01/2024 - Versione visionata in lingua italiana, bluray Pulp Video (durata: 103'02")
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