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Il pianeta verde

Regia di Coline Serreau vedi scheda film

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La recensione su Il pianeta verde

di Kurtisonic
4 stelle

Alzi la mano chi vorrebbe vivere nella  società futuribile del Pianeta verde. Nell’universo un gruppo di nostri simili sembrano aver trovato l’armonia e l’equilibrio per protrarre a lungo termine un esistenza ricca di sapere e di francescana semplicità, si fa l’amore a comando e ci si nutre di intelligenza. La terra del pianeta verde è selvaggia, ma  opportunamente abitabile, si dorme nell’erba col frusciare del vento, si trascorre il tempo come immersi in una grande comunità new age o per essere più attuali in un centro benessere gratis. L’intento comico dell’improvvida regista attrice Coline Serreau è evidente, il suo è un “coraggioso” tentativo di intellettualizzare le risate e la sguaiataggine di un film di successo di qualche anno prima I visitatori che con meno pretese e più onestà a colpi di volgarità descriveva ugualmente il classico salto nel tempo innescando innocui equivoci, demenzialità e goliardie di basso livello. Il registro è quello della commedia leggerissima con grandi messaggi nascosti, la protagonista, la Serreau stessa piomba fra i terrestri nella Parigi contemporanea dove gli abitanti sono marcatamente idioti, in balia della stupidità e del grande vuoto materialista. Il problema che la visitatrice sia un po’ troppo calata nella parte della redentrice, schifata da esseri che si cibano ancora di carne, che fumano, che dicono balle, che inquinano, che per vivere fanno lavori poco gratificanti. Il film non strappa un vero sorriso che è uno, anzi  è così condito da banalità sconcertanti, da ovvietà didattiche  che fronte alle quali è lecito domandarsi il perché di certe operazioni cinematografiche. Lontani dal divertimento, anche quello fine a se stesso, immuni da una qualche possibile riflessione che porti ad un confronto perché la nuova società è frutto di una fantasia basata sul piacevole nulla il Pianeta verde sembra un riempitivo annoiato per chiaccherarci su dopo la lezione di yoga, o mentre si parcheggia il macchinone per  andare ad un bio-party . La regista non si accorge di scivolare di continuo nella sua leziosità e nella saccenza: discriminante è la raffigurazione della comunità (ri)tardo hippy del pianeta verde, tutti della stessa razza, mentre si citeranno i messaggeri degli eletti che avevano già provato a redimerci. Per onestà la Serreau dovrebbe citare Hitler o Attila, invece ci mette Gesù, con buona pace di tutti i non cristiani, e J.S.Bach, proprio lui, o forse quello dei fiori... Tutti sul pianeta verde? No, meglio a casa propria.

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