Regia di Antonio Capuano, Pappi Corsicato, Antonietta De Lillo, Stefano Incerti, Mario Martone vedi scheda film
Operetta moraleggiante corale e disarmonica. Dei cinque episodi di cui si compone il film, manifesto presuntuoso ed esilissimo d'una new wave partenopea che già mostrava il fiato corto, sfiorano la decenza solamente quelli di Capuano e della De Lillo, senonaltro umili nel voler rappresentare nullaltro che divagazioni favolistiche su un'umanità marginale. Inguardabile il dilettantismo pseudo-tarantiniano del solito bluff Corsicato. Pedante e paternalistico il deja-vù pauperistico dell'episodio firmato Incerti. Martone, per il suo soliloquio nostalgico-qualunquista, arriva a disturbare Pasolini ed i cadaveri 'scomodi' del terremoto. Nemmeno la presenza di alcuni tra gli interpreti più interessanti del panorama filmico partenopeo riesce a nobilitare l'opera, costantemente fiaccata da un pedagogismo retorico realmente duro da sopportare e da una programmaticità luogo-comunista che, lungi dal denunciare, disturbare o far riflettere, resta enunciato sbiadito e comatoso, ricattatorio e spesso macchiettistico, espresso - non senza una buona dose di supponenza 'liberal' - attraverso registri estetici da filmino delle vacanze girato a casa di zia.
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