Regia di Antonio Capuano, Pappi Corsicato, Antonietta De Lillo, Stefano Incerti, Mario Martone vedi scheda film
Non sarà stato certo un filmone, però gli si è sparato addosso fin troppo. Non è nemmeno malaccio, nel suo trashismo almeno parzialmente consapevole. Dei cinque episodi soltanto uno è veramente orrendo: il penultimo, di Stefano Incerti. Il regista ci poteva risparmiare questo recupero insulso di un bellissimo racconto ottocentesco di Robert Louis Stevenson ("The Bottle Imp"), nel quale coinvolge il bravo Renato Carpentieri. Il mio preferito è il primo episodio, quello di Corsicato, che si richiama esplicitamente a "Faster Pussycat, Kill! Kill!" (1966) di Russ Meyer, filtrato con cialtroneria tutta partenopea, con la banda di donne dai nomi di detersivi (Atlas, Ajax, Dixan), capeggiate da una vitaminizzata Bonaiuto a combattere i vecchi sistemi della camorra capeggiata da o' malamente Javarone nella parte del Biondo. Gli episodi di Antonietta De Lillo e di Antonio Capuano sono quelli più tipicamente napoletani; nel primo si racconta l'amicizia nata tra una ragazza che frequenta un cinema porno e il travestito Maruzzella (Moscato), con finale a fiori d'arancio. In quello di Capuano l'amore, ancora più improbabile, tra un pescatore di Posillipo e un polpo che veglia sui suoi sonni e alla fine si sacrifica trasformandosi i lauto pasto. Questo episodio è chiaramente ispirato ad alcune opere brevi di Pasolini, e in particolare all'episodio "La terra vista dalla luna" (1967), con la riproposizione di una coppia che ricorda da vicino quella formata da Totò e Ninetto Davoli. L'episodio di Martone ("La salita") è quello più ambizioso e probabilmente quello che ha lasciato più sconcertati gli spettatori che videro il film a Venezia nel '97. La salita sul Vesuvio del nuovo sindaco di napoli simboleggia quella di Bassolino, ex sindacalista, ex comunista, che compie un percorso faticoso per cambiare e per far cambiare il volto della città. Anche se al colmo della salita, troverà in cima al vulcano i soliti ragazzini che costruiscono una palazzina abusiva. Anche qui è evidente la citazione pasoliniana (di "Uccellacci e uccellini"), con quel corvo che funge da coscienza pessimista del sindaco. Diciamo la verità: a volte la delusione per certi risultati disattesi può far dire cose più forti di quanto si vorrebbe, ma rispetto a questi Vesuviani s'è visto di peggio. Credo anzi che se Tarantino avesse confinato "Kill Bill" in un episodio come "La stirpe di Iana", anziché diluirlo in quattro ore, avrebbe fatto un piacere alla comunità mondiale dei cinefili.
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