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The Most Assassinated Woman in the World

Regia di Franck Ribière vedi scheda film

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La recensione su The Most Assassinated Woman in the World

di undying
2 stelle

Un buon soggetto, ispirato ad una famosa attrice del Grand Guignol, sprecato da una sceneggiatura scritta a troppe mani e da un regista esordiente (ma già produttore di Inside) che non si vuole abbassare al genere, preferendo dare un taglio snob a discapito del più puro spettacolo.

 

Niels Schneider, Anna Mouglalis

The Most Assassinated Woman in the World (2018): Niels Schneider, Anna Mouglalis

 

1932, Parigi. Paula Maxa (Anna Mouglalis) è l'attrice simbolo del teatro del Grand Guignol. La donna, con un passato traumatico, si trova a vivere tra le proteste dei perbenisti che vorrebbero abolire questo tipo di rappresentazione e le attenzioni di Jean (Niels Schneider), giornalista de Le petit journal, in cerca di un facile scoop. Un giorno riceve un mazzo di fiori da un misterioso ammiratore, con una dedica poco gradita: "Mi piace vederti morire. Ancora e ancora... ti uccidero'."

 

Anna Mouglalis

The Most Assassinated Woman in the World (2018): Anna Mouglalis

 

"È tutto rimarginato. Non ho cicatrici, eppure sono stata assassinata più di diecimila volte sulla scena. Flagellata, martirizzata, tagliata a fette, pentolata a vapore, passata sotto al torchio, schiacciata, ustionata, dissanguata, cosparsa di acido, impalata, disossata, impiccata, sepolta viva, bollita a fuoco lento, sventrata, squartata, fucilata, tritata, lapidata, smembrata, asfissiata, avvelenata, bruciata viva, divorata da un leone, crocifissa, scotennata, strangolata, sgozzata, annegata, polverizzata, pugnalata, mitragliata e... stuprata. Tutte le parti del corpo sono state tagliate, piallate, tagliuzzate, disseccate..." (Paula Maxa)

 

scena

The Most Assassinated Woman in the World (2018): scena

 

Franck Ribière, già produttore del sopravvalutato Inside (2007) -e dell'inutile remake omonimo del 2016- decide di debuttare dietro la macchina da presa. Sceglie un soggetto interessante, strettamente legato al suo paese, ovvero il teatro del Grand Guignol, e punta tutto sulla reale figura di Marie-Thérèse Beau, attrice cardine, dal 1917 al 1933, di questo tipo di rappresentazione. Poi con il supporto di altri quattro, ovvero a dieci mani, scrive una sceneggiatura che, definire brutta, è un complimento. Dopo un incipit interessante, il film si accartoccia su un plot inverosimile e confuso, caratterizzato da un tipo di narrazione surreale (le visioni del passato che interagiscono con il presente nella mente della protagonista) destinata a prolungarsi oltre i 100 minuti senza approfondire minimamente i caratteri dei protagonisti che, più che esseri umani, sono tratteggiati come macchiette (assassino compreso). La bella messa in scena, arricchita da sfarzose e curate scenografie e l'uso particolarmente efficace delle luci, contrastano con la pochezza di contenuto, davvero scadente anche per un film di pura evasione. Di fronte al prodotto finito, nel rispetto delle tante produzioni targate Netfilx, si ha la sgradevole sensazione di avere assistito ad un film incompiuto, una sorta di aborto cinematografico aggravato nel risultato dalla tendenza (purtroppo tipica di molti esordienti) di abbandonare il film di genere per cercare invece un percorso più autoriale. Nelle mani di un onesto mestierante di b-movie, un soggetto di questo genere avrebbe dato origine ad un film di ben altro risultato. 

 

"La paura sta allo spirito, come il dolore al corpo." (Paula Maxa)

 

scena

The Most Assassinated Woman in the World (2018): scena

 

Giramenti... di testa

In una scena, prolungata all'inverosimile, Paula e Jean sono distesi su un letto. Il punto macchina li sovrasta dall'alto, mentre la telecamera inizia ad ondulare e, senza sosta, ruota circolarmente sui due protagonisti. Che Franck Ribière volesse omaggiare un analogo momento di Opera (Dario Argento, 1987) appare più che evidente. Peccato però che la maldestra messa in scena sia quasi da vertigine, per quanto insistita.

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