Regia di Delmer Daves vedi scheda film
Non doveva essere molto convinto Delmer Daves quando girò questo film.
Pur facendo parte di quella categoria di registi che sarebbero riusciti mai a realizzare un brutto film,cosa che neanche questo è,di sicuro doveva apparirgli tutto troppo sbrigativo per risultate destinato a farsi ricordare.
Negli anni in cui aveva applicato la sua scaltrezza alle istanze del cinema sentimentale ( si veda Scandalo al sole),proprio questa vicenda sentimentale ha poca serenità nel dolore e poca potenza nella denuncia.
Aggiungendo un altro titolo a quel filone di cinema a metà strada tra il film bellico e la storia d’amore che maturavano all’ombra della guerra,il cui titolo più famoso resta “Da qui all’eternità”di Zinneman; o di un altro sottogenere come quello del cinema a tematica antirazzista,in cui Stanley Kramer dava sicuramente risultati migliori,Daves assembla con mestiere e qualche furbizia più luoghi comuni che situazioni convincenti,senza deludere ma senza mai sorprendere:avercene,per carità,ma da lui era lecito aspettarsi qualcosa di più.
Percorso dalla consueta freddezza interpretativa di Sinatra ( l’uomo che recitava quasi stesse facendo un favore a noi) e dalla altalenante vivacità di Tony Curtis,qui più di maniera che altrove ma assai preferibile a Sinatra,ha invece il suo punto di forza nella presenza della splendente Wood,un’attrice che può anche far dimenticare alcune perplessità evidenti della recitazione,ma che grazie alla scioltezza con cui dialogava con la cinepresa riusciva ( come capitava nei momenti migliori anche alla coetanea Jean Seberg) esprimeva un abbandono commosso e vulnerabile,e che in questa dolcezza spietata aveva qualcosa di coraggiosamente superiore:il film è suo pur non comparendo moltissimo.
Per il resto,il film si lascia vedere,non indimenticabile né disprezzabile,abbastanza inerte come film di guerra e adeguato ai sospiri e alle emozioni del pubblico femminile dell’epoca.
Delicata prova attoriale di rammaricata emotività,rovinata da un trucco esagerato
Splendida creatura che si dichiarava alla cinepresa con un candore e un’intelligenza che le permettevano di esistere sullo schermo,di respirare e di soffrire come poche attrici hanno saputo fare.
Abbastanza sottoutilizzato,proprio durante il periodo in stava dando il meglio di sé, nella commedie come nei film drammatici,però nei momenti in cui gli viene concesso dimostra la sua spericolata vitalità canagliesca e la portata dell’energia da vendere,da sprecare.
Più che dedito al personaggio sembra assopito su un’autorità arrogante che lui trova incontestabile ma che non si riesce a condividere: qualche volte riesce a tirarti dalla sua parte,più spesso vorresti vedere un altro attore.
Una regia di mestiere senza sobbalzi e senza particolare convinzione.Ma l’abilità c’è e si vede,peccato solo che non si sia imposta su tutto.
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