Regia di Taika Waititi vedi scheda film
È un film di formazione che ha come focus principale la preadolescenza, coi suoi temi tipici. L'ambientazione è la Germania del '44-45 e non mancano scene tragiche, benché stemperate dalla verve di Scarlett Johansson e Sam Rockwell, che sta ormai scalzando Michael Caine nella mia personale classifica di miglior attore vivente. Voto: 7.
All'uscita di Schindler's list, un intellettuale ebreo commentò drastico: «Nessuno riuscirà mai a realizzare un capolavoro sull'Olocausto. Nessuno. Oltrepassa le capacità umane, non si può raccontare l'inimmaginabile, non sarebbero riusciti neanche Dante e Shakespeare».
Se queste sono le difficoltà per un'opera che mira a un target adulto, figuriamoci quando il film deve essere pure "a portata di bambino". Eppure, con tutti i distinguo del caso, Jojo Rabbit potrebbe aver vinto la scommessa.
Intendiamoci: NON è un film sul nazismo e sull'olocausto (quest'ultimo solo sfiorato dalla trama) e men che meno un film con ambizioni storiche. È un film di formazione che ha come focus principale la preadolescenza del piccolo Jojo Rabbit (Roman Griffin Davis), coi suoi temi tipici: l'affermazione di sé, gli affetti familiari, la scoperta dell'affettività, l'amicizia. Però, data l'ambientazione nella Germania del 1944-45, non mancano i riferimenti al contesto e neppure scene particolarmente tragiche, benché stemperate dalla verve di mostri sacri come Scarlett Johansson e Sam Rockwell (che sta ormai scalzando Michael Caine nella mia personale classifica di miglior attore mondiale vivente).
Non mi sorprende che certe sequenze possano apparire semplicistiche o addirittura irrispettose, ma dovremmo fare lo sforzo di immaginarle con gli occhi di un bambino nato nel terzo millennio. Per non sbagliare, mi sono portato al cinema mia figlia di dieci anni (coetanea del protagonista...) ed ho scoperto, per esempio, che l'espediente tanto biasimato "dell'Hitler-amico-immaginario" ha avuto il suo peso nel gradimento della pellicola (che, in generale, è stato alto).
Mi si obietterà che Hitler non va umanizzato bensì demonizzato. Può darsi. Faccio rispettosamente notare che decenni di film improntati sul cliché di "nazismo + SS = satana" (che io condivido in pieno, peraltro) hanno portato al risultato paradossale di assolvere tutti gli altri colpevoli, inclusi fiancheggiatori, opportunisti e tutta la maggioranza silenziosa; in definitiva di auto-assolvere noi stessi.
Con il corollario non banale di cristallizzare l'Olocausto in quel decennio che va dal '35 al '45, come se non fosse più replicabile nella storia e impedendoci di vedere le evidenti analogie con altri genocidi che, purtroppo, accadono anche oggi. Film "diseducativi", in un certo senso, ma questo è un discorso che ci porterebbe troppo lontano...
Per Jojo Rabbit il voto è: 7.
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