Regia di Taika Waititi vedi scheda film
Taika Waititi, il regista salito alla ribalta internazionale grazie al tanto decantato ,ma a conti fatti orribile per chi ha più di 3 neuroni funzionanti, Thor : Natale ad Asgard (2017), grazie al suo umorismo sguaiato e battute da quarta elementare, in cui era riusicto a fare presa sulla critica ed ottenere il consenso del pubblico, così decide di elevare le proprie ambizioni artistiche ulteriormente tramite Jojo Rabbit (2019), nell'intento di entrare alla notte degli oscar con molte nomination (cosa riuscitagli), ma a conti fatti con un prodotto che durante la sua durata cozza costantemente tra varie anime non sempre legate tra di loro, ma d'altronde già la fotografia di inizio riprese dove mostrava il cineasta travestito da Hitler fare il dito medio al manifesto con l'immagine del dittatore, un atto così da ardito ribelle finto-anticonformista, che in realtà aveva fatto provare a tanti una simpatica pena per il dittatore nazista nonostante i milioni di morti da lui cagionati, tanto da chiedersi in effetti dei lumi sull'effettiva bontà di un'opera che con tali premesse già sembrava cominciare male.
Tratto liberamente dal libro Cielo in gabbia, il regista neozelandese narra la vicenda del piccolo Johannes Betzler (Roman Griffin Davis), un bambino di 10 anni, figlio di Rosie (Scarlett Johansonn), che lo cresce in assenza del padre cercando di de-ideologizzarlo dalla propaganda nazista, ma il piccolo Jojo, è un fiero sostenitore dell'ideologia ariana e delle idee del fuher, tanto da averlo come vero e proprio amico immaginario, che costantemente gli fornisce consigli su come attuare le sue direttive sull'essere un bravo nazista e fare bella figura al suo ingresso nella gioventù hitleriana, ma un incidente con una molotov, gli cagiona problemi alla gamba e gli lascia in parte il viso colmo di cicatrici. Per Jojo è la fine dei sogni di gloria, nonchè la speranza di venire arruolato nell'esercito di Hitler per via dei postumi delle ferite, uno smacco per chi crede nella totale perfezione ariana, ma il ritrovamento nella soffitta di Elsa Korr (Thomasin Mckenzie), ragazza ebrea di 17 anni (ottima la sua presentazione quasi horror), amica della sua defunta sorella di Jojo, Inge morta di malattia, potrebbe essere l'occasione perfetta per riscattarsi ed entrare nelle grazie del regime, se non fosse per il ricatto messo in piedi da Elsa, che gli impedisce di poter fare qualsiasi mossa, pena il mettere di mezzo anche la madre Rosie, che finirebbe impiccata per tradimento verso il regime.
Satira farsesca, racconto di formazione, melodramma, commedia drammatica o favola pedagogica? Questo Jojo Rabbit è tante anime insieme, non sempre unite bene tra loro, a causa dell'indecisione di Waititi su quale strada voler intraprendere, perchè ne esce visivamente troppo dolce, dalla confezione caramellosa, dove "il crepuscolo degli dei" della Germania nazista ben poco si nota nelle scenografie fin troppo perfettine, complice in tale giudizio anche il fatto che la figura di Hitler al cinema è stata sviscerata a fondo negli ultimi 70 anni, con tanto di paragoni illustri sin dai tempi in cui il dittatore tedesco era in vita, partendo dal sempre mai troppo citato Grande Dittatore di Charlie Chaplin (1941), fino all'ugualmente noto Vogliamo Vivere di Ernst Lubitsch (1943), i quali però da veri grandi maestri di cinema, univano la commedia ad una rappresentazione si caricaturale del dittatore, senza mai farne venire la titanica crudeltà.
Si parte con una canzone dei Beatles che accompagna le immagini di propaganda del regime, nonostante possa impostare il tutto sulla burletta, in realtà riesce a trasmettere l'idea di cosa fosse per il popolo e soprattutto i giovani tedeschi la figura di Hitler, un'icona pop che tutti sognerebbero incontrare almeno una volta nella vita; ma il problema di Jojo Rabbit risiede proprio nell'Hitler messo in scena da Taika Waititi, un Maori fuori forma, che gioca a fare il crudele dittatore tedesco, in un atto di egocentrismo bestiale di chi vuole mettersi in ogni momento possibile in mostra, finendo però con lo stonare di brutto ad ogni apparizione, risultando così ricolo (in senso negativo), buffonesco, gratuito quanto poi recitato e scritto male, in pratica se lui non ci fosse, sarebbe stato già un'opera migliore, visto che poi allo spettatore verrebbe da chiedersi perchè il piccolo Jojo, pur nella fantasia di un bambino di 10 anni, debba immaginarselo così, poichè tra discorsi radio ed immagini, avrebbe dovuto concepirlo si come una sorta di figura paterna distorta, ma anche come una personalità dall'umorismo nerissimo, che non celava per la propria folle natura, caratteristica qui totalmente assente e che invece nelle versioni citate in precedenza, non veniva mai meno.
Ciccato Hitler, dei problemi sorgono sull'amalgama spesso problematico tra commedia e drammatico, dove spesso le due componenti scorrono secondo compartimenti a tenuta stagna, dove il potenziale di tante scene sulla carta, come nel finale con l'invasione anglo-russa nella città di Jojo (i russi rappresentati sempre come bestie, inaccettabile), viene per la gran parte depotenziato nella sua caduta degli incubi dell'ideologia, con delle discrasie di tono nette quanto imperfette, che incredibilmente vengono meno non tanto con Scarlett Johansonn, personaggio decorativo dalle battute poco ispirate e troppo istrionico (candidatura come non protagonista regalata), nonostante abbia un paio di scene registicamente riuscite grazie ai dettagli delle scarpe, ma grazie al grande Sam Rockwell, nazista disilluso, dall'aria trasandata con un occhio di vetro e dalle probabili tendenze omosessuali e poi grazie alla giovanissima Thomasin Mckenzie, capace tramite la sua recitazione, di far cambiare tono con naturalezza ben più dello stesso regista che dovrebbe avere invece il controllo della messa in scena (fa specie che Waititi debba appoggiare il suo film sulle spalle di un'attrice così giovane), costruendo un interessante rapporto di "dominato" contro il piccolo Jojo, da lei bullizzato e perculato per la sua stupide credenze sugli ebrei, rigettandogli in faccia tutte le stronzate inculcatagli dalla propaganda nazista (in questo senso non ha senso parlare come fa spopola di presa in giro dell'olocausto addirittura, semplicemente la ragazza si mette al suo livello e gli rimanda indietro tutte gli stereotipi in cui il bambino crede), passando con estrema nonchalance dall'ironia tagliente ("Ti avevo chiesto di disegnare dove vivono gli ebrei, questo è solo uno stupido disegno della mia testa", "E' li che viviamo", un concetto complesso spiegato in modo semplice), a battute cazzute ma efficaci da quasi eroina d'azione quando sbatte Jojo sul letto ("La razza più forte eh!") con tanto di discorso delirante in precedenza dai toni quasi sionisti su come il popolo ebraico essendo eletto da Dio sia quello superiore rispetto a chi segue uno scemo con i baffetti, il che dona al suo personaggio quel tocco di energia allontanandola dal ruolo di vittima, che potrebbe esserle attribuito magari in scene più melodrammatiche, come quella della falsa lettera del suo ragazzo.
Mckenzie ricorda in effetti un pò Jodie Foster da giovane, se la ragazza prosegue così con tale recitazione anti-sistema (in tal senso le fa onore aver rifiutato quella cagata di Top Gun 2), potrà solo crescere ancora di più e verrà il giorno in cui potremmo metterla tranquillamente tra Anna Magnani e Ingrid Bergman (cit. Steno79).
Una pellicola pedagogica, utile maggiormente ad un pubblico di minori che potrà tranne insegnamento, nonostante le numerose cadute di tono, sprechi ed un finale abbastanza imbarazzante sulle note di Heroes di David Bowie, ma alla fine comunque si è portato a casa l'oscar per la miglior sceneggiatura non originale, che dire... academy certifica, buon per Waititi.
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