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Le due inglesi

Regia di François Truffaut vedi scheda film

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La recensione su Le due inglesi

di sasso67
10 stelle

Visto circa diciassette anni fa e rivisto altre volte nel frattempo, "Le due inglesi" è uno dei film della mia vita. Uno dei capolavori di Truffaut, dopo "I quattrocento colpi". Tratto dal romanzo "Le due inglesi e il continente" di Henri-Pierre Roché, che lessi subito dopo avere visto il film, "Le due inglesi", una riflessione appassionata sulla sofferenza che è legata all'amore, fu per me, oltre che una scoperta, anche profetico: di lì a poco conobbi un'inglese, ci mettemmo insieme, poi ci scrivemmo, poi ci vedemmo sia in Inghilterra che in Italia che in Francia e, dopo la separazione, non l'ho più rivista né so più niente di lei da almeno dodici anni.
Le due inglesi all'epoca fu accolto con scarso successo perché probabilmente il pubblico si attendeva una replica del fortunato "Jules e Jim", anch'esso tratto da un romanzo di Roché. Ma dieci anni dividevano il film con la Moreau da questo e dieci anni non passano invano, soprattutto in per una personalità tormentata e sempre attiva come quella di Truffaut. Chi avesse letto il libro potrebbe divertirsi a trovare somiglianze e dissonanze nel film, ma le seconde sono molte più che le prime, al di là di una sostanziale fedeltà alla trama: anzi, si noterà che Truffaut stravolge volutamente i particolari poetici del libro in scene piuttosto brutali e viceversa. Chi non avesse letto il libro non può comunque lasciarsi sfuggire un film del genere, almeno se sia un appassionato del cinema più fine, quello che tocca le corde dei sentimenti.
Per dire della trama in poche parole che ne colgano il senso si può dire che è la storia del giovane borghese francese Claude che, innamoratosi della problematica e inaccessibile inglesina Muriel, si vede reprimere gli slanci appassionati da una madre troppo possessiva e da una morale puritana che gli impongono una "saggia" ma crudele prudenza: gli eventi susseguenti porteranno tra le sue braccia Anne, sorella di Muriel, con tutti i tormenti che ne scaturiscono. Si tratta in sostanza, come già in "Jules e Jim", del racconto del tentativo, destinato al fallimento, di realizzare sé stessi attraverso l'amore, contro le convenzioni sociali e le leggi della morale. Amore e dolore sono sempre uniti, in questo superbo film, a partire dalla scelta di mettere in scena le vicende di tre giovani orfani di padre e quindi soggetti alle attenzioni fin troppo "forti" di madri costrette dalle convenzioni nei loro ruoli di vedove con tutte le rinunce che ciò comporta. L'amore è dolore morale ma anche fisico (l'infortunio di Claude che è all'origine fdella storia) e malattia (il male agli occhi per Muriel, la tubercolosi per Anne) e non c'è riscatto da questa sofferenza che provoca perfino allucinazioni (la gravidanza isterica di Muriel) se non nell'arte, che può essere contemplazione e creazione. Non a caso Claude pubblica un romanzo autobiografico che s'intitola Jérome e Julien, due nomi maschili con le stesse iniziali di "Jules e Jim".
Ma al di là di questo, lo spettatore non potrà non emozionarsi alla fine di questo turbine di sentimenti e d'immagini cinematografiche che lasciano il protagonista irrimediabilmente solo e invecchiato. Secondo me questo film è il secondo capolavoro di Truffaut, ed il merito va anche a Jean-Pierre Léaud, alla sua prova migliore dopo quella che definirei "naturalistica" dei "Quattrocento colpi", a Kika Markham e Stacey Tendeter, perfette nella parte delle sorelle così diverse tra loro.

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