Regia di John Huston vedi scheda film
Cinque pezzi da novanta e un solo grande insolito protagonista in questo intricato giallo mascherato con impressa sopra la firma elegante di John Huston: il make up!
Raramente in un film di questo genere il trucco degli attori è un elemento fondamentale al pari della sceneggiatura e delle riprese e devo dire che crea sovente un effetto straniante sullo spettatore. Fin dai titoli di testa viene evidenziata nel cast la presenza di attori famosissimi provenienti dal panorama hollywoodiano ma il loro peso specifico e la loro incisività all'interno del film va ripartita in percentuale nella soluzione finale: Tony Curtis 3%, Burt Lancaster 5%, Frank Sinatra 7%, Robert Mitchum 15%, Kirk Douglas 70%, solo quet'ultimo infatti ha un ruolo ben definito, se così si può dire visto il suo continuo trasformismo, egli è indentificato fin dalle prime battute come il boia autore delle uccisioni dei soggetti inseriti nella lista di quell'Adrian Messenger citato nel titolo originale accortosi della strana moria legata da un denominatore comune che non può essere considerato una coincidenza, è proprio lui ad incaricare il vecchio amico ex agente dell'Intelligence Service di indagare e far luce sulla faccenda.
Anthony Gethryn interpretato da un indiscutibile e come al solito bravissimo George C. Scott è il vero protagonista della storia nonostante il suo nome compaia nei credits di apertura solo dopo il titolo del film e i nomi dei cinque grandi attori citati in apertura di cui come detto quattro sono poco più che dei camei anche se va sottolineato come alcuni di loro, ad esempio Robert Mitchum, siano degli ingranaggi importanti della trama ricomparendo nel movimentato finale proprio per inculcare il dubbio su chi sia il vero colpevole nascosto sotto il pesante trucco.
Filmato nel glorioso bianco e nero al quale il restauro digitale ha giovato egregiamente "I 5 Volti dell'assassino" è un giallo vecchio stampo con influenze da Aghata Christie ed Hitchcock girato con eleganza millimetrica da Huston in una Londra spettrale che è il palcoscenico perfetto in tutto il suo grigiore per sviluppare una trama ben oliata che si snoda nei suoi luoghi più caratteristici come il tessuto urbano, i docks sul Tamigi e la magione dei Messenger avvolta nel verde e nella foschia e la suspance classica che ne scaturisce sfocia a volte nel brivido violento ma mai eccessivo.
Il trucco come detto è un elemento dominante e a volte invadente soprattutto nei primi piani delle irriconoscibili stelle su cui è stato applicato ma per la gioia dei curiosi Huston alla fine ci svela il trucco senza uccidere la magia del suo cinema sempre meritevole di una visione anche in un film minore dei suoi.
Ha l'aspetto adatto per interpretare il segugio arguto e tutta la sua bravura emerge nella bellissima sequenza della decodificazione delle ultime parole pronunciate da Messenger che messe insieme formano una affermazione che da addito a più interpretazione perchè contiene diversi doppi sensi ed ambiguità.
Molto bravo a esprimere con lo sguardo l'ambiguità e la frustrazione interiore del suo personaggio che deve mascherare, è proiprio il caso di dirlo, le sue cattive intenzioni.
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