Regia di Leonardo Pieraccioni vedi scheda film
La figlia adolescente di un cinquantenne single manda una serie di messaggini alle ex del padre, tutti con identico testo: “Sono cambiato, riproviamoci”. Ogni donna naturalmente reagisce in modo diverso, suggerendo all’uomo l’idea di non insistere con il passato.
Finalmente, dopo vent’anni, una novità nel cinema di Pieraccioni: il suo film non esce a ridosso delle feste di un anno dispari, ma esce a ridosso delle feste di un anno pari. Ci sono voluti insomma ben tre anni per partorire questo Se son rose…, a differenza dei consueti due che il ‘comico’ toscano impiegava per sfornare i suoi precedenti lavori con una frequenza disturbante da esattamente due decenni. Il vero problema però sta nel fatto che i contenuti e la fattura del film non sono variati di una virgola: il protagonista è il solito ometto candido, placido, che cade perennemente dalle nuvole, innamorato perso di qualsiasi essere femminile gli transiti nei paraggi e dispensatore di grande filosofia da bar; le figure di donna sono meri complementi alla sua personalità fortemente egocentrica, minimizzate già in fase di scrittura (sceneggiatura di Leonardo Pieraccioni e Filippo Bologna) e soprattutto l’estenuante ricerca di un realismo totalmente artificioso – in quasi ogni scena qualcuno ha uno smartphone in mano e ne fa uso – può alla lunga infastidire. C’è altresì da dire che la storia parte da uno spunto interessante, che avrebbe certo meritato migliori sviluppi, ma a ogni modo degno di lode; quantomeno è il motivo per cui sullo schermo ritroviamo una certa verve nel continuo scambio di scenari e personaggi, oltre a poter vedere una vivace alternanza di interpreti – sostanzialmente tutte femminili: Claudia Pandolfi, Michela Andreozzi, Caterina Murino, Gabriella Pession, Elena Cucci e Antonia Truppo sono le principali. Meno peggio del prevedibile. 2,5/10.
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