"Qualunque impressione faccia su di noi, egli è un servo della legge, quindi appartiene alla legge e sfugge al giudizio umano - Kafka".
Un alto funzionario di polizia si appresta a ricevere gli unanimi entusiasmi dai servili colleghi per la promozione che lo vede lasciare la sezione omicidi, per addentrarsi ad ancor più illustre incarico di responsabilità presso la Questura della grande città siciliana che lo accoglie, probabilmente dalla nascita.
Quella stessa mattina, nella casa patrizia della sua avvenente amante, l'uomo ha commesso un omicidio: ha ucciso la donna, che da tempo lo incalzava prendendosi gioco di lui, approfittando del suo potere per vivere esperienze sempre più al limite che lo lasciavano mortificato, persino ridicolizzato dinanzi alla figura maliziosa e smaliziata della donna, frequentatrice per nulla in segreto anche di un altro uomo, uno studente anarchico da tempo schedato, abitante nel suo stesso palazzo borghese.
Completamente preso dal suo ruolo di garante della giustizia, l'assassino farà di tutto per farsi arrestare, producendo prove che aiutino i colleghi inquirenti a dirottare le indagini sulla sua figura, ma ottenendo solo sviamenti delle indagini ai danni di persone completamente al di fuori di ogni reale implicazione.
Sarà costretto alla fine a scrivere una lettera di confessione, ma anche tale strumento non servirà a consegnarlo ad una giustizia che negherà ogni evidenza: sogno o realtà, la verità dei fatti non avrà probabilmente esiti tanto differenti, anche se il film finisce per nasconderci il reale dispiegarsi dei fatti.
La storia d'amore scabrosa e sempre più al limite, come in un gioco perverso ove l'alto funzionario finisce per soccombere alla malizia senza freni della sua focosa e spregiudicata amante, viene ripercorsa durante una serie di abili flash back che permettono al personaggio cardine, reso con grande portamento fisico dalla splendida e sinuosa Florinda Bolkan, di trovare una sua precisa collocazione, quale elemento scatenante di ogni azione, e perno centrale della vicenda.
Nel ruolo dell'anonimo funzionario zelante, vanitoso, rispettato e reso assassino dalle circostanze, Gian Maria Volonté si adopera in una delle sue interpretazioni più colorite, grottesche, sopra le righe, e risulta magnifico, oltre che elemento portante per la riuscita di un film umanimemente riconosciuto e premiato: Oscar come miglior film straniero nel 1970 e Premio Speciale della Giuria al festival di Cannes, sono solo l'apice di un film portavoce di una cinematografia italiana riconosciuta ed apprezzata a livello mondiale.
Elio Petri, lucido e sferzante più che mai nel coniugare l'atmosfera thriller con il grottesco dilagante in ogni personaggio coinvolto, si accinge a porre il suo primo pilastro portante che darà vita ad una ammirata trilogia politica che continuerà con gli altrettanto noti e non meno sopra le righe "La classe operaia va in paradiso" - 1971, e "La proprietà non è più un furto" - 1973).
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta