Regia di Elio Petri vedi scheda film
Oscar per il miglior film straniero nel 1971, sicuramente meritato. Si tratta di un thriller con venature grottesche sulla corruzione e la decadenza del Potere, qui rappresentato da un dirigente delle forze di polizia, ma assimilabile anche ad altri ambiti della vita culturale e politica in Italia (in questo Petri è stato senz'altro preveggente). Una disamina assai cupa e pessimista visto anche il finale onirico, da non rivelare, ma che colpisce ancora, a tanti anni di distanza, per la sua lucidità e la compattezza della struttura narrativa, dovuta ad un'efficiente sceneggiatura del regista e di Ugo Pirro. I riferimenti culturali sono molteplici, da Kafka (esplicitamente citato nella didascalia finale e presente con la tematica del rapporto fra servo e padrone di fronte alla Legge) fino a Brecht e Marx, e sono sempre inseriti agevolmente nel corpo del racconto; i flashback sul rapporto intriso di sadomasochismo fra l'ispettore e la sua bella vittima all'inizio sembrano dispersivi, ma dopo un pò si rivelano essenziali come tutto il resto. Grandissima l'interpretazione di Volontè in un ruolo di poliziotto dalla psiche disturbata che in seguito sarebbe diventato un cliché, ma che qui conserva intatta tutta la sua pregnanza e la sua ricchezza espressiva, con sequenze divenute memorabili, come la celebre arringa in cui l'ispettore pronuncia la frase "La repressione è civiltà". Al suo fianco, caratteristi efficienti fra cui spiccano Orazio Orlando e Salvo Randone, attore prediletto dal regista, e una Florinda Bolkan sensuale al punto giusto e più incisiva che nella maggior parte degli altri film da lei interpretati. La colonna sonora di Morricone è assai sofisticata nella sua contaminazione fra registri sonori differenti e la macchina da presa è sempre utilizzata con grande accortezza. In breve, una pellicola eccellente.
voto 9/10
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