Regia di Chad Stahelski vedi scheda film
"Se aspiri a comprendere a fondo la bellezza… prima preparati con la merda”.
Un enunciato di difficile, anzi ardua confutazione. La merda risulta senza dubbio alquanto utile al fine di conseguire una più alta statura critica, in quanto permette di rendersi conto con limpidezza di pensiero inedita, per grazia di comparazione, della viceversa incrollabile magnificenza della vera arte, produttrice di reale bellezza.
Ordunque, in virtù di tale principio, risulterà certo agevole comprendere come il sottoporsi all’agonia della visione di questo agglomerato biologico, sedicente filmico, John Wick 3 – Paramerdum, si configuri non già come un futile esercizio in masochismo, ma bensì come un grande e lodevole esercizio di tempra fisica e intellettuale.
Per la miseria, se messo in rapporto con quest’orrore assaltatore del nervo ottico, persino un Spectre qualsiasi appare quasi un capolavoro di genere. Mentre, in questo caso, si è ormai alla frutta, peraltro marcia, digerita e rigurgitata (perché fin dall’origine non è che si potesse propriamente dire di trovarsi in presenza di vertici dell’arte cinematografica).
La “saga” del toelettatore per cani mancato ha veramente stancato. Vediamo, pertanto, di suonarle una degna messa da requiem, per poi sperabilmente relegarla in maniera definitiva a quell’oblio cui si sarebbe dovuto indirizzarla sin dalla sua fase embrionale.
Cominciamo mettendo subito in chiaro le cose: John Wick 3 – Trash Royale è la pura e semplice apoteosi del nulla, l’apogeo della vacuità, il trionfo del niente. Il che dovrebbe già bastare a chiudere il discorso.
Si tratta d’un film orrido (orrido a dir poco), possiamo supporre destinato ad un pubblico medio che non abbia la minima idea di chi siano John Woo e Sam Peckinpah. E che di conseguenza abbia una qualche minima, ma proprio minima minima possibilità d’appassionarsi (e d’impressionarsi) alla visione di questo pseudo-film.
Ben in quattro, menti illuminate, si sono prodigati nella stesura della “sceneggiatura” di quest’obbrobrio audiovisivo che ritiene addirittura opportuno andare a ripescar fuori per l’ennesima volta il da sempre brillante pretesto “narrativo” del cane brutalmente “assassinato”. Sì, per chi si fosse sintonizzato solo ora, informazione di servizio: un canide vale 200.000 vite umane. E vorrei vedere. Ma, non facciamo l’errore di banalizzare. Attenzione. Perché a questo giro, sul finale, troviamo un salto di qualità mica da poco. Grazie al quale arriviamo a comprendere come altresì pure la vita d’un singolo uomo valga 500.000 morti ammazzati. Eh, beh. E dai. Suvvia.
In generale, ad imperare, grazie alla benemerita “congiunzione astrale positiva” fatta di durata spropositata, scempiaggini, sublimi sottotesti ideologico-morali e interminabili azzuffate, è la noia. La noia più assoluta, completa e avvinghiante.
John Wick 3 – Dog Sitter on the Run inanella infinite e sfibranti sequenze d’azione che quasi sempre stancano dopo i primi trenta secondi (ma, almeno, la parentesi in sella per le vie di New York "diverte"), intervallate malamente da penosi ed esilaranti tentativi di “approfondimento”, direbbero gli inglesi di “world building”, nel corso dei quali si toccano punte di tale e cotanto involontario ridicolo che le parodie di Seltzer & Co. in confronto paiono pezzi di maestria artigianale d'altri tempi (vedi, una per tutte, la demente parentesi nel deserto).
Aspettiamo trepidanti, comunque, uno spin-off incentrato su “Sofia” Halle Berry, cosicché da aver almeno qualcosa con cui “rifarsi gli occhi”. Nel caso del protagonista, invece, non si capisce esattamente dove, come e quando si rivelerebbero le sue somme doti d’attore, visto che spiccica sì e no due paroline striminzite lungo tutto il corso del film e alterna sì e no (a voler essere generosi) un paio di espressioni, mentre è impegnato a correre di qua e di là paperetta style.
Meglio stendere un velo pietoso, poi, sui dialoghi.
Cosa rimane da aggiungere… Ecco, questo sedicente film dà l’idea d’un grande, grandissimo spreco di talenti. Al di fuori degli sceneggiatori - cui dovrebbe essere preclusa a vita la possibilità d’avvicinarsi ad un computer - e del protagonista, tutti gli altri hanno offerto alla realizzazione di quest’idiozia le loro migliori competenze e qualità artistiche, quasi sicuramente alla luce di più che comprensibili preoccupazioni alimentari.
Buona parte degli attori, i coreografi dei combattimenti, le controfigure, il fotografo, il montatore, lo scenografo… Tutti ottimi talenti ignobilmente sacrificati sull’altare della serializzazione compulsiva, dell’imbecillità strisciante e della piattezza più esasperante. Guardiamo con orrore all'eventualità che questo abominio possa rivelarsi paradigmatico del futuro del cinema d’azione. Con vero orrore. Orrore.
Chiunque osi pensare di proporci simili nefandezze per i prossimi vent'anni, verrà fucilato seduta stante!
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