Regia di Massimiliano Bruno vedi scheda film
Una sorta di Non Ci Resta Che Piangere dei poveri.
C'è sempre una componente inossidabile nei film con regia dell'ex Martellone Massiliamo Bruno: l'incapacità di saper prendere una strada ben precisa. Anche questo "Non ci resta che il crimine" resta a metà strada, non è una commedia, non è una farsa, non è un grottesco, non è un crime. Vuole essere un po' tutto e finisce per essere un nulla.
A differenza di altri film di Bruno, qua si parte pure molto male, con un montaggio che vorrebbe essere rapido ma che ha l'effetto di essere raffazzonato e confusionario, tanto che le scene sembrano incollate a forza una con l'altra senza un filo conduttore. Più avanti l'effetto negativo del montaggio per fortuna scema, ma si evidenziano tutte le carenze di una sceneggiatura blanda, capace solo di infilare le solite robette ruffiane per il pubblico di bocca buona (i Mondiali di calcio, lo spot del pennello Cinghiale) per poi portarci a una storia improbabile e poco interessante.
Così si vaga senza meta, senza sprazzi di vera ironia, con situazioni scialbe da commedia di corna anni '70 (ancora una volta la Pastorelli si trova a recitare una parte piena di cliche, perché per certo cinema italiano la donna è solo carne e null'altro: atroce), scemenze che servono giusto come riempitivo (le scommesse sportive, situazioni abusatissime e che quindi andrebbero affrontare con cattiveria e/o originalità che questo film non ha).
Anche il tris di attori protagonisti non convince. Detto tra parentesi della Pastorelli, lo stesso discorso lo si può fare per Alessandro Gassman, che sembra sempre recitare lo stesso ruolo in copioni diversi, un po' come faceva negli anni andati Renzo Montagnani (questi però con una capacità di improvvisazione decisamente superiore, pur ritrovandosi spesso con copioni ancora più scialbi di questo). Gianmarco Tognazzi al solito ha una sua professionalità, ma come sempre sembra un pesce fuor d'acqua in una commedia (ammesso che questo film sia una commedia): dal padre ha ereditato il cognome, non certo il sense of humor. Marco Giallini appare un po' più a suo agio, ma anche lui non appare particolarmente in vena.
Il risultato è un film che si dimentica immediatamente, una sorta di Non Ci Resta Che Piangere dei poveri.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta