Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
The Mule rappresenta la penultima fatica dell'ormai ultraottantenne regista-attore Clint Eastwood, che ritorna in forma smagliante a recitare e dirigere il suo quarantesimo film, dimostrando di avere ancora una grande forza e vitalità fuori dal comune.
Famoso per essere diventato un'icona del Cinema grazie ai suoi numerosi ruoli da antieroe sin dagli anni '50 e per essere successivamente diventato un grande cineasta a partire dagli anni '70, Clint Eastwood si distingue dagli altri registi per aver interpretato numerosi ruoli da protagonista nei suoi stessi film fino ad età avanzata, trattando tematiche politiche e sociali sull'America con una visione tipicamente politicamente scorretta e votata al suo pensiero repubblicano libertario.
Se in molti dei suoi film interpretava ruoli da duro o da tipico vecchietto veterano di guerra fedele alla propria nazione, in The Mule decide di addolcire il suo personaggio e la sua storia per una narrazione più intima e sentimentale, se non addirittura autobiografica.
La trama si basa infatti sulla biografia di Leo Sharp, un veterano della seconda guerra mondiale che assiste alla chiusura della sua piccola impresa di orticoltura per mancanza di fondi.
Costretto a trovare un altro lavoro, si trova a sua insaputa ad accettare un incarico come corriere della droga per il cartello messicano di Sinaloa, che grazie alla sua natura ingenua da insospettabile vecchietto e alla sua abilità nella guida, diventa il miglior corriere della droga degli Stati Uniti meridionali.
Naturalmente i problemi sorgono nel momento in cui la DEA comincia ad indagare sul suo nome in codice "Tata" soprannominato dai suoi colleghi messicani e dai problemi familiari che nel corso degli anni trascurava per dedicarsi alla sua carriera da orticoltore e da uomo di mondo.
Il film ruota quindi sulla doppia vita dell’anziano narcotrafficante, che tra viaggi in macchina e riciclaggio del denaro guadagnato, cerca nella sua nuova avventura col cartello di redimere se stesso, cercando di ripagare tutti gli errori che ha commesso in passato nei confronti della sua famiglia.
Il tempo e la vecchiaia sono dunque il tema centrale del film e Clint Eastwood avendo a cuore questi due grandi macrotemi, li accosta metaforicamente ai fiori coltivati dal nostro protagonista.
Quest’ultimi non solo rappresentano il breve ciclo della nostra esistenza, ma anche la genuinità, la spontaneità e la libertà dell’essere umano e dunque anche del nostro simpatico protagonista, che viene brutalmente mutilato dalla ferocia dei narcotrafficanti e dalla natura ostile e selvaggia dell’America di frontiera.
Lo scontro secolare tra DEA e Cartello di Sinaloa, non impedisce però a Leo Sharp di vivere la sua vita travagliata, che nel momento dell’imminente morte di sua moglie, decide di ricucire i legami perduti con la sua famiglia ed ottenere finalmente la redenzione, tralasciando per la prima volta il suo egoismo e il suo lavoro.
La presa di posizione del finale segna definitivamente la poetica di Clint Eastwood, che giunto ormai al capolinea della sua immensa carriera, ci insegna come nella vita bisogna valorizzare chi ci vuole bene e di non sprecarla in egoismi fini a sé stessi, vivendola al massimo delle nostre capacità senza intaccare la nostra dignità.
L’America non è un paese per vecchi e la scena finale è emblematica nel rappresentare questa triste realtà, che grazie ad una inaspettata sensibilità e dolcezza, Clint Eastwood decide di raccontare in questo fresco ed emozionante biopic d’autore.
Voto 7+
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