Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Esprimere pubblicamente un'opinione sui film di Clint Eastwood, per me, negli ultimi tempi è diventata un'esperienza che comporta un piccolo dramma interiore, anche perché più d'una volta ho ricevuto reazioni (almeno a mio parere) spropositatamente aggressive, probabilmente motivate, soprattutto, dal fatto che non avevo espresso un giudizio del tutto positivo sul film. Perfino la stroncatura di un film che non è certo un capolavoro (nemmeno all'interno della cinematografia eastwoodiana) come Gunny (1986) mi attirò aspre critiche di pregiudizio ideologico nei confronti dell'autore e, alla fine della discussione - essendo io un abitante delle estreme propaggini della campagna pisana -, una sempreverde menzione del detto secondo il quale è o sarebbe «meglio un morto in casa che un pisano all'uscio».
Il corriere - The Mule non è, secondo me, un brutto film (come invece era e resta Gunny) e spero, con questo di scongiurare almeno una parte delle contumelie che spesso piovono dai clintiani di ferro, anche se il giudizio non completamente positivo sul film è tradito dalla sintesi in stelline che accompagna queste considerazioni. Sono quasi sicuro che questo film sia piaciuto a chi a suo tempo apprezzò Gran Torino (2008), con il quale presenta qualche analogia, prima tra tutte la doppia veste di regista e protagonista per l'anziano cineasta. Fu appunto il film del 2008 che generò l'esagerata apoteosi di Clint Eastwood, assurto addirittura al ruolo di moral guidance sulle pagine della rivista cartacea cui fa riferimento questo sito, da parte del direttore di FilmTV dell'epoca, peraltro critico cinematografico in altri tempi ficcante. E fu qualche anno dopo, con alcune prese di posizione politiche dello stesso Eastwood, non ultima l'approvazione espressa nel 2016 per l'atteggiamento per così dire anticonformista di Donald Trump, che quel ruolo di guida morale subì colpi difficilmente restaurabili sul piano cinematografico.
Ora, mi dispiace di avere rivangato tutta questa storia che c'entra assai poco con quello che, alla fine dei conti, resta semplicemente un film. E Il corriere - The Mule è un film che si vede volentieri, corredato anche da un filo sottile di ironia che rimanda a un personaggio - James Stewart - cui la figura allampanata dell'anziano protagonista somiglia fisicamente e che diventa, nel corso del film, quasi un tormentone. Peraltro, il titolo originale del film - corretto ad usum delphini nella versione italiana - descrive perfettamente il suo personaggio principale, che trasporta ostinatamente un carico seguendo la propria strada, andando del proprio passo, senza lasciarsi condizionare da troppi fattori esterni, soprattutto senza domandarsi se quanto sta facendo per la propria salvezza economica sia davvero morale. E qui devo riprendere, ancora una volta, la riuscita metafora di De Gregori sul bufalo e la locomotiva, secondo la quale «la locomotiva ha la strada segnata/il bufalo può scartare di lato e cadere» (Bufalo Bill), perché effettivamente, alla pari del bufalo, il mulo può scartare di lato e cadere ed è quello che il mulo Earl Stone effettivamente fa, deviando dal percorso segnato ed andando a cadere. Ma, riconosciuto questo merito al regista dal punto di vista della trama, che prevede opportuni punti di fuga, non altrettanto si può dire a proposito dello schema cinematografico cui Eastwood si attiene, con successo, da decenni, sia perché probabilmente molte delle caratteristiche dei personaggi eastwoodiani (in particolare quelli interpretati dallo stesso regista) contengono elementi autobiografici sia perché con l'avanzare dell'età diventa sempre più difficile - ed è ingeneroso pretendere che lo faccia - rompere gli schemi. Fatto sta che andandomi a rileggere le trame di qualche film precedente del cineasta di Carmel, ho trovato componenti che ricorrono a ripetizione nelle trame, tanto da diventare stereotipi (solo per fare qualche esempio: il personaggio che perde la famiglia per troppo attaccamento al lavoro; il bilancio negativo sulla propria vita e il riconoscimento degli errori; il tentativo di riconquistare la moglie; il personaggio forse politicamente scorretto ma di buoni sentimenti). Bisogna anche dire che talvolta gli stereotipi funzionano eccome: soltanto per restare al cinema di Clint Eastwood, posso ammettere che quelli contenuti in Million Dollar Baby (2004) mi hanno colpito ed emozionato come non avrei mai pensato possibile. In questo Il corriere - The Mule, come già era accaduto con Gran Torino (noto, a memoria, due differenze: qui si sostituiscono i fiori di Stone al fucile di Kowalski e il nostro "mulo" è fin dall'inizio molto più affabile e benvoluto del suo predecessore), questo affastellarsi di luoghi comuni eastwoodiani mi lascia non dico freddo ma abbastanza tiepido.
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