Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Siamo negli USA del 2002 ed Earl Stone (Clint Eastwood) è un anziano orticoltore che ha sacrificato i suoi affetti familiari per la sua florida attività: passano alcuni anni e, causa la crisi economica e le nuove tecnologie, la sua azienda cade in disgrazia e viene pignorata. Ad un incontro con i suoi congiunti, la ex moglie (Dianne Wiest) e la figlia (Alison Eastwood, una delle sue figlie) lo respingono e l'unica che gli dimostra affetto è la nipote (Taissa Farmiga), ma viene avvicinato da un giovane di chiare origini messicane che gli propone un non meglio specificato lavoro da autista, che poi si rivelerà essere quello di corriere della droga, in gergo il mulo del titolo originale, che vedrà incrociare il proprio destino con quello dell'agente della DEA Colin Bates (un ottimo Bradley Cooper).
Clint Eastwood, dieci anni dopo 'Gran Torino' e sei dopo 'The Trouble with the Curve' di Robert Lorenz, si mette 'di nuovo in gioco' sia dietro sia davanti la macchina da presa con 'Il corriere', suo lungometraggio numero 37 da regista, in una carriera longeva e ricca di film ormai divenuti dei classici del cinema americano, iniziata ben 47 anni prima, nel 1971 con 'Brivido nella notte'.
Come segno di continuità con gli ultimi suoi lavori, l'autore californiano trae ancora una volta il soggetto per il suo film da una storia vera (si pensi ai tre ragazzi di 'Ore 15:17 - Attacco al treno', al pilota di 'Sully', al cecchino di 'American Sniper', solo citandone alcuni) per poi intessere la trama delle sue abituali tematiche: la figura dell'outsider/perdente, il confronto tra il passato ed il presente, l'incapacità di bilanciare lavoro e famiglia, con legami che inevitabilmente si sfaldano, la vecchiaia, il tempo che passa inesorabile e di conseguenza, il grande tabù della morte.
Clint, dal punto di vista registico, costruisce un film con pochi fronzoli, che soffre di ripetitività nella parte centrale e, rispetto ad opere più rigorose e asciutte ('Million Dollar Baby' ma anche il sottovalutatissimo 'Hereafter'), si lascia, in certi frangenti, un po' andare a scene che richiamano la lacrima facile e ad altre che appaiono superflue (erano necessarie le pur brevi sequenze con le motocicliste, salutate da Earl con un inequivocabile "Ciao, lesbiche!", e quella in cui aiuta una famiglia di neri apostrofandoli con le spregiativo negri, per dar l'idea che il protagonista è un vecchio scorbutico, un po' omofobo e anche sottilmente razzista?) all'economia del racconto.
D'altro lato invece, l'Eastwood che si staglia dinnanzi alla cinepresa è un uomo vecchio che, al contrario di tanti uomini suoi coetanei che ricorrono a lifting, trucchi e altre amenità varie, non ha remora alcuna a mostrare tutti i suoi anni, con la camminata incerta, la schiena curva, i pochi capelli rimastigli bianchi e il viso scavato: Earl Stone è un personaggio segnato dal suo passato, incattivito e diffidente con tutti, specialmente con Internet, i cellulari e qualsivoglia dispositivo moderno, che coglie al volo l'occasione che gli si para davanti, non subito ma poi consapevole che ciò che fa viola la legge ma gli serve per cercare di rimettere a posto i cocci rotti che fan parte della sua vita, ma alla fine gli si presenta il conto, al quale non vuole sottrarsi, rimanendo coerente con se stesso, come sempre.
Splendida poiché altamente simbolica l'ultima scena, in campo lungo, con Earl Stone/Clint Eastwood che, pian piano, esce dal quadro nella parte sinistra in basso dell'inquadratura: un degno commiato di un (anti)eroe che ha attraversato lo schermo per decenni.
'Il corriere' è un film imperfetto, con pregi, difetti e slanci passionali come il suo protagonista, ma che non sfigura nella ricca galleria del suo autore.
Voto: 7.
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