Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
The Mule - Il Corriere (2018), è un film che mette in scena il mito di Clint Eastwood e soprattutto cos'è Clint Eastwood, in poche parole, è cinema mitologico.
Per il ritorno al cinema in veste di attore, Clint Eastwood sceglie di interpretare un mulo; animale toalmente distante dal suo temperamento e dalla sua indole rabbiosa e violenta, mostrata nel corso della sua carriera recitativa.
Il mulo è un animale da carico, che viene oberato di roba da trasportare ed esegue il suo compito senza alcuna lamentela; vi pare quindi un'animale da associare alla figura di Eastwood per come l'abbiamo conosciuto praticamente da sempre? Proprio no, eppure l'attore spiazza tutti e decide di interpretare un lavoro che lo associa al mulo; un corriere della droga, che zitto e muto, deve seguire un percorso senza fiatare e portare "la roba" a destinazone senza fare troppe domande e percorrendo per lungo il percorso nella più totale solitudine, in compagnia del suo furgone.
Earl Stone (Clint Eastwood) è un essere spazzato via dalla storia e alienato così a fondo dal suo lavoro, tanto da osteggiare qualsiasi novità, come internet che gli porterà a far chiudere la propria attività (Il montaggio a dissolvenza incrociata che passa dal 2005 al 2017, mostra la velocità dei cambiamenti). Il riferimento più immediato è forse con Furore di John Ford (1940); la crisi economica ha colpito duro ed improvvisamente il nostro Earl Stone, dopo aver passato una vita a coltivare e far crescere fiori, si ritrova improvvisamente fallito per via dell'avvento delle nuove tecnologie come internet (verso cui era scettico e che disprezzerà per tutto il film) che hanno soppiantato i classici canali di vendita, lasciando privo quindi il quasi novantenne Stone del lavoro di una vita e senza alcun appoggio da parte di una famiglia che lo disprezza, a cominciare da sua moglie Mary Stone (Diane West) e sua figlia Iris Stone (Allison Eastwood), le quali hanno rotto ogni contatto con l'uomo poichè ha trascorso tutta la sua esistenza dedita ai fiori e ai viaggi per promuovere essi nei vari concorsi negli Stati Uniti; l'unica che ancora fà da "gambo" è la giovane nipote Ginny Stone.
Stone è un uomo amante dei fiori, forse perchè per essi ama dedicare molto del suo tempo nel vederli germogliare e crescere, mettendo solide radici, cosa che lui per tutta la vita è stato incapace di fare, ritrovandosi improvvisamente a 90 anni senza più nulla in mano, poichè a livello affettivo giustamente raccoglie il nulla che ha seminato.
Senza più un'attività, una casa in procedura di pignoramento e una famiglia che lo odia, l'aiuto gli arriva tramite dei messicani, che notando la sua abilità nella guida senza mai prendere una multa, lo assoldano a sua insaputa come corriere della droga (almeno inizialmente); per Stone è un'occasione d'oro, poichè l'uomo pensa che facendo un bel pò di soldi in questo modo, può risolvere tutti i problemi lavorativi e riconquistare la famiglia.
Eastwood ha la valenza di un personaggio Fordiano; un personaggio che crede in determinati valori e che guida uno sgangherato furgone vecchio quasi quanto lui (che fà tanto di cavallo da cowboy), attraverso le strade sterminate dell'entroterra americano, fermandosi in vari punti lungo il tragitto (che ricordano tanto i saloon dei film western). E' un'immagine iconografica fuori dal cinema e vecchia praticamente quanto il cinema, ma la sua potenza resta praticamente inalterata anche nel 2019, pure quando Stone grazie ai soldi può permettersi un upgrade del furgone da "ferrovecchio" a "cazzuto".
Sono spelndide la inquadrature frontali e laterali, durante i viaggi del protagonista mentre trasporta la droga e si abbandona felicemente al canto delle canzoni trasmesse alla radio, godendosi la vita ed assaporando lo scorrere del tempo. Sono le radici "del mito" a dare forza a ciò che viene inquadrato dalla macchina da presa.
Eastwood mette in scena un molteplice sostrato di chiavi di lettura, con una semplicità nell'uso del mezzo registico eccezionale. Il cinema di Eastwood è esplicito e diretto, non si perde in giri di parole o spiegazioni di comodo, non avendo alcuna paura dei giudizi dei fautori del politicamente corretto. A delle donne che gli danno del vecchio, Stone replica con un "lesbiche", alla famiglia dei neri che aiuta a cambiare il neumatico della loro auto, si approccia chiamandoli "negri", i messicani sono invece dei "mangiafagioli" e non esita ad andare a donne anche a quasi 90 anni esibendosi in una festa a base di alcool e sesso (si unisce carnalmente a delle donne al cinema dopo anni... l'ultima volta fu in Debito di Sangue nel 2001 se non sbaglio), incurante di creare una reazione di titubanza nello spettatore che potrebbe prenderlo per un vecchio sporcaccione.
Allo stesso tempo, sembra che Eastwood utilizzi queste espressioni dirette e concise, anche come una sorta di autoaccusa e autocritica innanzi ad un tribunale, dichiarandosi scientemente colpevole verso quanto realizzato da lui precedentemente, sia in quanto regista che come attore, dove non risparmiava odio e attacchi alle minoranze.
Questi attacchi nel film, sono incarnati da persone più semplici ma anche molto più reali, la polizia, la quale non esita a fermare due messicani cercando palesemente lo scontro con loro (e vengono "salvati" dall'intervento del nostro protagonista) o quando gli agenti della DEA perquisiscono un messicano fermato sull'autostrada, mentre quest'ultimo é terrorizzato poiché altre volte in precedenza lui o i suoi fratelli avevano sicuramente subito abusi da parte delle forze dell'ordine. In sostanza, le forze dell'ordine vanno rispettate perché è un dovere rispettare i valori, ma i valori sono nulla se non sono coordinati con il sentire dell'uomo e dal lato di una minoranza essere fermati da esse, rappresenta un grosso problema poiché non bianchi.
Per tutti questi motivi la pellicola in america è stata attaccata da parte della critica come spazzatura sessista e razzista, volta ad elogiare il maschio bianco conservatore di stampo Trumpiano. Sinceramente sono accuse abbastanza idiote, di una critica democratica (che magari aveva votato e sostenuto Hillary Clinton), che oramai s'è persa istericamente nei meandri del politicamente corretto e si scaglia contro un libero pensatore che non fà altro che essere coerente con sè stesso e con il so modo di fare cinema. Forse un gigante del cinema come Clint Eastwood non ce lo meritiamo più e dà enormemente fastidio a certa critica, alla quale viene sbattuta pienamente in faccia il loro essere ipocriti; come se il cinema dovesse essere portatore di un messaggio di educazione civica (ma quando mai) e dove se oramai si mostra un personaggio negativo, lo si deve criticare e schioccare la controtesi. Eastwood non è un regista cerchiobottista e sono 50 anni che con il suo cinema si fà cantore della realtà americana per quello che risulta essere, tanto che se afferma una certa visione, non sente gisutamente in dovere di controbattere ad essa con una tesi contraria per far felice qualcun che può sentirsi offeso.
The Mule però è una pellicola che riesce a regalare anche delle lacrime (quelle vere e sincere a differenza di quelle ricattatorie di uno Spielberg qualsiasi) nella descrizione dei rapporti umani tra il protagonista e la famiglia (da sempre presente nel suo cinema) specie con la figlia (interpretata da quella vera nella vita quotidiana, Alison Eastwood) e nelle commoventi battute finali tra Eastwood e Diane West, dove sicuramente è presente della retorica nella scrittura, ma c'è una tale forza e sobrietà da parte di chi ha visualizzato ed impostato la scena ed il modo in cui vengono gestiti i dialoghi e le interpretazioni, da riuscire ad evitare tutte le trappole di una sequenza potenzialmente distruttiva, grazie al tocco lieve ma incisivo del regista.
Eastwood attore ha poche espressioni secondo i detrattori, ma da attore posso dire che ha dalla sua una perfetta gestione, con il quale è capace di esprimere un multiforme stato d'animo anche se all'apparenza mostra il suo personaggio nella medesima posizione con la testa inclinata. Nel suo film testamento Eastwood lascia una lezione di cinema e un insegnamento morale allo spettatore e alle future generazioni, scegliendo di designare come erede spirituale del suo essere attore Bradley Cooper, quest'ultimo autore di una prova misurata e calibrata nel suo ruolo di agente della DEA, beccando il suo film migliore insieme ad American Sniper.
I personaggi di Eastwood credono fermamente in determinati valori, hanno dei modi pragmatici nel risolvere i problemi ponendosi in modo diretto verso il prossimo (cosa che purtroppo la critica USA non ha perdonato, perché questo film non è per niente razzista o sessista, ma mette in scena un uomo consapevole di essere fuori dalla contemporenaità, che fa' ammenda per i propri errori sia nel film e mi piace credere anche come uomo) e da una visione volutamente anacronistica (il netto rifiuto della tecnologia e le posizioni anti internet), capace di fare una sola cosa per volta, mentre le giovani generazioni sempre attaccate al cellulare, stanno ripercorrendo i suoi medesimi errori, risultando incapaci di fare qualsiasi cosa senza internet sotto mano e trascurando l'esperienza reale. Non è un predicozzo moralista o pedante, poiché il tutto è ritratto in chiave fortemente ironica e forse anche consapevolmente anacronistica (anche se tenta di imparare ad usare il cellulare per mandare messaggi).
È un Eastwood che ha raggiunto la piena maturità nel gestire il proprio personaggio (Il vecchio Clint a quei messicani li avrebbe spediti all'inferno in due secondi) e nell'uso delle sue capacità attoriali. Il proprio tempo lo ha fatto per l'ultimo giro di passerella e ha messo consapevolmente fine ad un personaggio che era l'ultimo esponente di una certa Hollywood di uomini duri e con una certa sensibilità (tutti nel film lo paragonano a Stewart XD) che oggi può essere proposto solo in tal modo. Alle nuove generazioni di attori sta il compito di farlo rivivere in una nuova chiave e con i dovuti aggiornamenti, oppure consegnarlo definitivamente alla storia del cinema lasciandoselo definitivamente alle spalle.
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