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Il Corriere - The Mule

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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La recensione su Il Corriere - The Mule

di barabbovich
8 stelle

Earl Stone (Eastwood) ha dedicato tutta la sua vita al lavoro, affermandosi come floricoltore al punto da vincere dei premi ma trascurando perpetuamente la famiglia. Di questa, soltanto sua nipote gli rivolge ancora la parola. Quando l'e-commerce prende il sopravvento, Earl è costretto a chiudere la sua ultradecennale attività, riservandosi di trovare una qualche soluzione, lui che non è tipo da avere un piano B per nessuna cosa. L'occasione gli capita quando gli viene proposto - date le sue caratteristiche anagrafiche (l'uomo è prossimo ai 90) e quelle di conducente d'auto di lunghissimo corso con una patente immacolata dato che non ha mai preso una multa - di fare da corriere della droga per conto di un cartello messicano. I soldi arrivano a mucchi, le incombenze diventano sempre più onerose ma nel frattempo Earl rischia di giocarsi anche l'affetto della nipote e un solerte funzionario della DEA sta indagando sul traffico sospetto di droga proprio per arrivare a lui.
Alla vigilia dei 90 anni, il grande, vecchio Clint torna davanti (oltre che dietro) alla macchina da presa a dieci anni di distanza da Gran Torino, di cui il film tratto da un articolo del giornalista Sam Dolnick del New York Times Magazine sembra essere, per alcuni versi, la prosecuzione ideale. Qui come lì, ci troviamo davanti a un solitario tutto d'un pezzo, un veterano (ancora una volta, della guerra in Corea) dalla battuta sempre pronta (nel film si ride anche molto) che non ha paura degli sgherri del boss messicano (Garcia) ma che ha soprattutto una caratteristica: decide. Non è uno che si perde in astrusi ragionamenti filosofici, il vecchio Earl. Al contrario, è ruvidamente pragmatico, decide di testa sua e se c'è da aiutare dei neri in panne sulla statale si ferma a dargli una mano nello stesso momento in cui li appella come "negri". Ed è proprio questa sua capacità di decidere che fa di lui l'ennesimo antieroe della filmografia eastwoodiana, un personaggio "morale" cosciente di avere abdicato dai valori della famiglia e che cerca la redenzione nello scorcio di vita che gli rimane, anche a costo di pagarne pesantemente il prezzo, proprio come l'evaso Butch Haynes di Un mondo perfetto, il Dave di Mystic River, il Frankie Gunn di Million Dollar Baby e il Walt Kowalski di Gran Torino. Un personaggio - peraltro interpretato da un Eastwood che oltre a essere un grande narratore, troviamo qui in stato di grazia, definitivamente affrancato dalla battuta di Sergio Leone secondo cui l'attore avrebbe solo due espressioni, "una con il cappello e l'altra senza" - che non può non affascinare, nonostante il pensiero rigidamente conservatore e il fatto che chi lo interpreta sia un repubblicano che ha votato Trump.

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