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Il Corriere - The Mule

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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La recensione su Il Corriere - The Mule

di silviodifede
4 stelle

Eastwood è in palla sia da attore che da regista. Molto meno in palla è la sceneggiatura che gli arriva in mano, prima ripetitiva e poi con falle terrificanti nella gestione della parte "crime". Quasi tutto è sulle spalle del vecchio Clint, ma non può bastare.

Iniziamo dalle cose positive. La notizia più sorprendente è Clint Eastwood, che alla sua bella età (e a distanza di sette anni da una prova un po' spenta e stanca nel pur discreto "Trouble With The Curve" o "Ancora in Gioco") mostra di tenere clamorosamente lo schermo e di essere in una forma notevole. Le rughe lo umanizzano e tutto sommato l'espressività rimane forte, per una prova da attore davvero buona, a reggere quasi unicamente lui sulle spalle un film non così forte.

Non solo, Eastwood ne esce bene anche con una regia che (a parte una scena che citerò più avanti) al solito non si lascia andare in tecnicismi particolari, ma che è buona e per lunghi tratti non fa pesare la forte ripetitività del film.

 

Quindi ci fosse solo da parlare del lavoro di Eastwood, le cose andrebbero bene. Purtroppo c'è il resto, per un film dalla sceneggiatura non solo debole e (come detto) ripetitiva, ma addirittura imbarazzante in alcune falle davvero insostenibili. Apprezzo molto lo sforzo di fantasia di tanti (critici e non) a provare a vedere in questo film una profondità che davvero a me è sfuggita del tutto, a vederci dei messaggi (addirittura ho letto un "attacco al femminismo", ma de che?! Non viene nemmeno sfiorato un tema simile, non è nemmeno passata nell'anticamera del cervello di Eastwood!) che proprio non si vedono. Anzi, per quanto le mie visioni personali siano decisamente opposte a quelle tipiche eastwoodiane, proprio l'assenza di veri messaggi è uno degli appunti che posso fare al lavoro svolto dal vecchio Clint.

La verità è che questo film specialmente nella prima ora è il solito tran tran, continui viaggio dallo stesso punto A allo stesso punto B, senza alcun cambio di registro e solo la presenza del grande attore/regista te lo rende passabile: ma con tutta la stima che si può avere per Clint, da qui a vederci cose che non esistono ce ne passa.

 

La sceneggiatura è proprio scritta alla bell'e meglio, dà la sensazione di essere scritta in fretta come fosse stata un peso, come se si volesse affidare a Eastwood la prima cosa possibile: insomma, gli attori che interpretano gli sceneggiatori in "Boris" probabilmente avrebbero dato al regista lo stesso copione, messo lì tanto per (c'è anche il "facciamolo scopare, così de botto, senza senso"). L'intrigo poliziesco è spento, ma soprattutto fa specie l'impalpabilità della parte "criminale", quella del cartello: nulla che non si sia già visto in maree di serie tv e film sul tema, anzi una banalizzazione incredibile. Per dire, quei super-cattivissimi capaci di uccidere a sangue freddo, in un film ambientato in era attuale (tanto che ci si sciacqua la bocca a sostenere che la causa della crisi lavorativa del protagonista sia unicamente l'internet, roba da vecchi babbioni del bar sotto casa) lascerebbero 300 e passa chilogrammi di cocaina per l'ammontare di 12 milioni di dollari a un 90enne senza nemmeno sforzarsi a mettere un GPS da due soldi nell'auto di costui e tracciarne continuamente la posizione? Davvero bisognerebbe credere a una baggianata simile? Davvero si considera così stupido lo spettatore che deve accettare a occhi chiusi una scemenza del genere? Posso capire che a un regista che va per la novantina non possa venire in mente questo particolare, ma chi ha scritto questo film non può avere una lacuna simile, è dilettantesco.

Questo per citare la stupidaggine più colossale, ma non è l'unica per una sceneggiatura capace di rendere per nulla realistica quella che sarebbe una storia vera, fenomenale.

 

Piuttosto inutile la sequenza di nomi che riempiono il cast, perché sono quasi tutti nomi sprecati, il film è quasi soltanto sulle spalle di Clint Eastwood. Anzi, Andy Garcia è pure una mezza macchietta e incide negativamente.

Dico "quasi tutti", perché mi discosto su un altro giudizio generale che ho letto da tanti su questo film, la critica sulla presenza di Bradley Cooper. Non solo l'ex notte da leoni sta bene nel film, ma tiene benissimo testa a Clint Eastwood nonostante un personaggio non scritto benissimo (come detto, la parte della DEA lascia il tempo che trova): l'espressività e la capacità di rendere pure simpatico un uomo ossessionato dalla caccia all'uomo mi fanno promuovere alla grande Cooper, che regala anche la scena migliore nel dialogo con il protagonista. Come nello sport, anche nel cinema non mi piacciono i paragoni tra ere molto diverse, ma se qualcuno definisce Bradley Cooper il possibile erede di Clint, non sarò io a oppormi: potrebbe anche starci e in tal senso la cosa positiva del film è aver messo insieme due "belle facce" del cinema americano come le loro.

Dei cattivi invece non se ne salva uno che uno, mentre spero che Laurence Fishburne (pur buonissimo attore) non sia stato pagato tantissimo per questa particina per un ruolo che avrebbe potuto svolgere qualsiasi attore professionista o semi-professionista.

 

La situazione familiare non è granché approfondita, per buoni 45 minuti (circa) consecutivi è completamente accantonata, non risulta nemmeno troppo credibile il rimorso di Earl Stone sulle sue assenze, così come la metafora botanica è giusto messa lì per aprire e chiudere il film (anche qui s'è tentato di dare un senso a qualcosa che un senso non ha).

 

Non solo, non si calca nemmeno tanto la mano per rendere spregevole il personaggio di Earl Stone, persino le due-tre sparate razzistoidi sono buttate lì senza incidere (peraltro in sala è scattato il delirio di risate sul "prego lesbiche", manco fosse la battutona dell'anno).

 

Altra delusione nella colonna sonora: nella ripetitività dei viaggi di Eastwood, leggendo delle tante canzoni canticchiate, mi sarei aspettato di trovare qualche chicca country da andare a cercare una volta tornato a casa, invece non si va oltre alle solite "I've Been Everywhere" o "On The Road Again". Insomma, avrei potuto farla benissimo io la colonna sonora a questo film.

 

Da dimenticare i cinque minuti di regia vanziniana nella villa di Andy Garcia, per una di quelle scene messe lì per allungare il brodo e per una pesante caduta di stile.

 

Che genere vorrebbe essere il film? Drammatico, commedia, poliziesco (di certo non thriller)? In definitiva è un po' e nulla di tutto questo. E per questo non può convincere, sembra un film poco pensato.

 

In definitiva, fa piacere vedere un Eastwood in palla e in un buona forma, ma sarebbe stato preferibile vederlo in qualcosa di più sostanzioso. La profondità e i messaggi nascosti che tanti han visto? Bah, d'altronde c'è chi vede messaggi nascosti anche nei trapper italiani, per cui lascerò loro vedere messaggi anche in questo film decisamente più dignitoso di quella insulsa scena musicale. Amen.

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