Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Earl Stone ama i fiori più i ogni altra cosa, anche più della sua stessa famiglia. Quando la sua azienda di orticoltura fallisce, l’uomo accetta un lavoro non ben definito di autista. Solo dopo scoprirà di essere diventato un corriere di droga per un cartello messicano.
Quando questo film uscì al cinema a fare più scalpore fu il ritorno di Clint Eastwood davanti alla macchina da presa. Diretto da se stesso non ci tornava dai tempi di Gran Torino, datato 2008, quindi erano ben dieci anni che l’attore e regista americano non dirigeva se stesso come unico (o quasi) protagonista di una pellicola.
In questo road movie dalle sembianze di un o dei più classici film drammatici, non manca nemmeno l’azione e finiamo così per trovarci di fronte ad un esemplare ibrido di pellicola in cui si finisce per parlare di tutto: famiglia, amore, lavoro, destino, amici, futuro, morte, senza parlare mai veramente di niente. Se da una parte la struttura del road movie, Earl è spesso in auto per effettuare le sue consegne, regala al film una struttura dinamica, la parte relativa al suo inesistente rapporto con la famiglia, sacrificata sempre per fare spazio al suo amato lavoro, arpiona la pellicola in uno stato catatonico che spazza via anche la parte relativa all’azione garantita dalla presenza della DEA che si mette, ad un certo punto, sulle tracce del misterioso nuovo corriere che sta macinando chili e chili di consegne, come mai prima di allora.
Alla fine della visione mi sono chiesta come sarebbe stato questo film se avessero eliminato la parte relativa al rapporto familiare di Earl. Mai come in questo caso l’eccesso di sentimentalismo finisce per generale l’effetto opposto: la concentrazione di troppi elementi emozionali mal raccontati o solo accennati, finisco per non emozionare mai. Fanno riflettere però, sul tempo perso, sulle occasioni non colte o più semplicemente sulla disposizione delle priorità nelle varie fasi della vita.
Anche qui, come in altre pellicole del regista, tornano temi al lui cari. La condizione dei veterani di guerra con Earl che si sente in dovere di salvare l’unico posto in cui si sente a casa e in cui si riuniscono coloro che hanno combattuto come lui; la morte che incombe perennemente nelle vite di ognuno di noi e il doveroso assistere le persone amate; il tema della fine della vita, anche sotto diverse forme, è onnipresente nelle pellicole di Eastwood anche in un film come questo dove non era necessario e finisce per sembrare forzato, il regista trova il modo di farcelo entrare.
Sommariamente una buona pellicola che incuriosisce e intrattiene ma che non eccelle mai per nessuna delle qualità filmiche che potrebbero caratterizzare un film. Poco oltre la sufficienza per quel modo che Eastwood possiede di dirigere una pellicola.
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