Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
The mule, titolo perfetto per un film che (spero) rappresenti l'epilogo di una carriera grandiosa prolungata con ostinazione, l'ostinazione propria di un mulo (l'animale, non il corriere della droga a cui ci si riferisce con questa parola in inglese) che va avanti incurante di tutto e tutti. Clint Eastwood è il mulo che continua a fare film (peraltro tutte storie ammerricane che si somigliano) senza accorgersi che sotto tutti i punti di vista il suo tempo è passato, che anagraficamente non ha più le energie e le idee per raccontare cose nuove, ottenendo così risultati sempre più indecorosi.
Qui ritroviamo, proprio come in Gran Torino, la storia di un uomo disilluso che trova alla fine la forza di riscattarsi. Storia e protagonista che, per i limiti oggettivi della creatività senile e della ostinazione senile di Clint il mulo, finiscono nel ridicolo.
Altri hanno già descritto le diverse incongruenze di questo film. Ce ne sono a bizzeffe, a dimostrare la superficialità e l'inconsistenza della sceneggiatura: dalla facilità con cui gli viene offerto l'incarico di trasportare droga (pensateci: chi, dove, quando?), alla facilità con cui compra un veicolo nuovo fiammente dopo il primo viaggio (ma davvero fare la parte dello stupido mulo rende così tanto?), alla facilità con cui si svolgono i viaggi e le consegne della droga (davvero un novantenne può percorrere centinaia o migliaia di chilometri, senza essere condizionato dal bisogno frequente di pisciare e dal mal di schiena?), alla facilità con cui la sua famiglia lo perdona per i ripetuti abbandoni del passato e infine anche per la sua carriera criminale (la battuta "almeno adesso sapremo dove sta" quando è in procinto di andare in galera alla fine del processo non sfiora il ridicolo, lo supera), alla dabbenaggine dei poliziotti (il poliziotto del controllo stradale crede che dei minacciosi energumeni messicani che scortano il protagonista su un'auto di lusso siano dei giardinieri a chiamata, il capo dell'operazione che al motel scambia con lui battute amichevoli senza sospettare che sia lui il ricercato, al termine della sua vana e stupida caccia all'uomo anziché al suo mezzo noto a tutti e nemmeno occultato!).
Ma ci sono altre cose che non vanno, che sono l'effetto di una mente oramai non più lucida e ripetitiva.
Il montaggio. A me è parso evidente che a fronte di una durata enorme del materiale girato il prodotto finale non sia equilibrato, con diversi passaggi che vengono bellamente saltati (il pestaggio, il processo), anche se mi vien da dire: meno male!, già così il film è fin troppo lungo, e ce ne viene presentato solo l'epilogo (il suo volto tumefatto nell'ultimo viaggio, la sua - inattesa? - dichiarazione di colpevolezza al processo) in maniera rabberciata e direi perfino per nulla convincente.
La scelta di lui come attore protagonista. L'inespressività di Clint poteva far parte dei personaggi dei film western e polizieschi, ma qui arriva a essere imbarazzante: le profonde rughe che gli solcano il volto, gli occhi spenti della vecchiaia, la smorfia della bocca quasi sempre semichiusa, annullano qualunque stato d'animo del suo personaggio, e non permettono di distinguere le emozioni che prova e dovrebbe far trasparire: paura, spavalderia, compassione, rassegnazione.
Ma soprattutto: la scelta di lui come protagonista della storia. Qui davvero siamo all'apoteosi del ridicolo. C'è un'organizzazione criminale dedita al traffico di droga nel sud degli stati uniti, e l'fbi concentra tutte le sue attenzioni su un vecchio e stupido corriere! Invece di puntare a colpire i vertici dell'organizzazione, la più grande istituzione statunitense che lotta contro il crimine organizzato mette in campo tutte le sue forze per beccare un piccolo e insignificante pesciolino!
Ma quanta presunzione!
Ogni uomo dovrebbe prendere atto dei suoi limiti in relazione anche al tempo che passa, e avere il coraggio di dire: basta. E' una regola che vale per tutti, persone sconosciute o famose, ordinarie o straordinarie. Ma soprattutto per le persone famose o straordinarie. Diversamente esse corrono il rischio di svilire il proprio mito anziché alimentarlo con l'assenza dalle scene; di terminare la propria esistenza scadendo pubblicamente nel patetico e nel ridicolo.
Qualcuno fermi Clint.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta