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Momenti di trascurabile felicità

Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film

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alan smithee

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Momenti di trascurabile felicità

di alan smithee
7 stelle

Paolo, un ingegnere quarantenne palermitano, ha l'abitudine di riflettere sulle piccole e per il resto del mondo probabilmente insignificanti, ma per lui tutt'altro che ininfluenti, assurdità o incongruenze che regolano piccoli tasselli della nostra quotidianità: misteriosi quesiti inspiegabili (perché lo strumento frangi vetro da utilizzare in caso di emergenza sul tram è custodito dentro una membrana di vetro? come possiamo essere certi che la luce del frigorifero si spenga ogni qualvolta noi chiudiamo la porta dello stesso? Perché il primo taxi disponibile non è mai il primo della coda, ma quasi sempre l'ultimo? ecc. ecc.).

La mancanza di risposte ai suoi quesiti lo spinge spesso ad uno stato di ansia, che si acuisce ogni volta che, inforcato lo scooter, decide di non potersi mai permettere di stare in seconda posizione, dovendo per questo sempre e comunque superare ogni ostacolo. Il giorno in cui il suo abituale calcolo di passare a semaforo rosso nella frazione di secondo in cui tutti gli altri tre semafori dell'incrocio segnalano lo stop, gli causa un tremendo incidente che ne procura la morte, e lo trasporta direttamente nell'ufficio "superiore" destinato a smaltire le anime, direzionandole ognuna al suo destino.

Per un cavillo burocratico legato ad una particolare, coscienziosa e sana abitudine alimentare dell'uomo a consumare cibi salutari come centrifugati misti, talvolta persino a base di zenzero, da quel zelante e scrupolosissimo ufficio la nostra vittima scopre di essere a credito di vita di un'ora e mezza, e per questo rimandato nella sua città d'origine, accompagnato dal burbero titolare della sua pratica di trasferimento. In quel brevissimo lasso di tempo, Paolo avrà la possibilità di aggiustare i conti in sospeso, e cercare di recuperare quelli inadeguatamente sviluppati, in particolar modo con i tre membri focali del suo ceppo familiare: la moglie incinta, ed i due figli, la femmina adolescente, ed il maschio ancora bambino.

Dai due fortunati romanzi "piccoli" di Francesco Piccolo, Momenti di trascurabile felicità e Momenti di trascurabile infelicità, il solido e fidato Daniele Luchetti riesce a trarre un film che, forte di una sceneggiatura accurata, opera del regista assieme all'autore dei romanzi, convince e si fa voler bene, nonostante qualche vezzo non proprio originale e, sulla carta, a rischio di provocare insofferenza.

Se infatti l'io narrante del protagonista (un valido e ben scelto Pif, davvero bravo) si dimostra subito una discriminante narrativa troppo abusata che meriterebbe provvedimenti severi se non qualche divieto a danno di ostinati sceneggiatori che ancora se ne dimostrano schiavi, qui tuttavia l'espediente finisce per non infastidire, grazie ad una certa lungimiranza della narrazione, gradevole e ben scritta, con tratti di arguta brillantezza.  

E se Luchetti ci sorprende già da subito con una scena di scontro frontale davvero impressionante per il realismo sconcertante che riesce a trasmettere sullo spettatore, risulta anche molto efficace la ripresa che ne segue immediatamente la dinamica del tremendo impatto: una visione dal basso di un abisso, o di una estranea dimensione, rivolta verso l'alto, ove lo scontro sta avvenendo in tutto il suo tremendo impatto. Una scena di stampo "nolaniano" molto forte e straniante, per nulla scontata in un contesto sin troppo tipico da commedia italiana leggera e malinconica.

Poi il suo racconto prende avvio, tra il genere fantastico alla "Il paradiso può attendere", e la commedia degli equivoci, rappresentandoci ancora una volta (il cinema lo ha fatto spesso, e spesso in film eccezionali come Scala al Paradiso di Powell e Pressburger, fino ad arrivare al cinema sopraffino di Kore-eda - il titolo del film in questo momento non lo ricordo) il "vestibolo" per l'assegnazione del luogo finale di destino delle anime, come un luogo affollato e pieno di una burocrazia di stampo kafkiano che diverte ma inquieta anche molto.

La storia funziona soprattutto per merito di una bella sceneggiatura e per opera dei due ottimi protagonisti: oltre al già citato Pierfrancesco Diliberto, è bravissima fino a commuovere anche l'ottima attrice e cantante Thony, dolcissima e stupenda nel ruolo della moglie che non comprende appieno l'afflato sopra le righe e certo insolito che d'un tratto contraddistingue un consorte quasi sempre distratto, pigro fino all'indolenza; una attrice che centellina le sue apparizioni, conosciuta ed apprezzata moltissimo pochi anni orsono grazie a Virzì nell'ancor più riuscito "Tutti i santi giorni".  

Esilarante e necessario come sempre, qui impegnato nel ruolo strategico del burbero ma bonario traghettatore di anime, il grande Renato Carpentieri contribuisce non poco alla sostanziale riuscita di una commedia piccola, gradevole, ma anche in grado di toccare il cuore.

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