Regia di Leonardo D'Agostini vedi scheda film
Christian Ferro ha vent'anni o poco più: è sempre stato considerato un balordo, incapace di gestire le proprie emozioni e di responsabilizzarsi verso un futuro da uomo maturo. L'aver sfondato nel mondo del calcio, sino a farlo includere come giocatore di punta di una squadra di serie A come la Roma, gli ha risolto certamente i problemi economici che da sempre lo hanno accompagnato nel caotico percorso di vita intrapreso; ma non sono riusciti a farlo maturare e a gestire quella instabilità caratteriale che ora anzi l'agiatezza in cui vive, lo induce a comportamenti sconsiderati, se non proprio contrari alla legge e all'ordine pubblico.
Gestito da una serie di loschi figuri intenti solo a sfruttarlo e spremerlo come un fenomeno da baraccone, messo in punizione dal presidente della squadra, che intende toglierlo dalla panchina solo a patto che riprenda gli studi seriamente fino almeno a conseguire la maturità, Christian si troverà, suo malgrado, ad essere seguito da un docente scrupoloso e preparato, ma significativamente segnato da alcune drammatiche vicissitudini personali che lo hanno letteralmente devastato psicologicamente.
Una unione forzosa e forzata da cui sprizzano faville di ostilità apparentemente inconciliabili, ma da cui nasceranno le basi per una intesa che farà del bene ad entrambi.
Prodotto da due cineasti attualmente molto lanciati e favorevolmente noti come Matteo Rovere e Sidney Sibilia, scritto dal regista esordiente Leonardo D'Agostini assieme ad Antonella Lattanzi, "Il campione", percorre, nel modo deliberatamente e strategicamente generalista e conciliante preannunciato già da un titolo sin troppo generico e ammiccante, la collaudata strada del noto, prevedibile percorso altalenante che alterna saliscendi ove si affrontano cambi di pendenza calibrati tra le salite della difficoltà di intenti iniziale - la pianura della intesa conquistata - per precipitare poi nel tracollo di un apparente impossibilità di esito felice, fino ad un epilogo conciliante che scelga di accontentare le attese del pubblico.
Risulta valida e azzeccata la dinamica dell'approccio tra i due protagonisti, intenti a studiarsi proprio perché convinti, loro malgrado, di avere bisogno uno dell'altro. E risulta apprezzabile l'intuizione del prof. circa la soluzione del problema da risolvere in capo al suo allievo, tutt'altro che ottuso, ma reso incapace di concentrarsi attraverso un approccio allo studio di tipo tradizionale, favorendo invece un apprendimento a schema, in stile e coerenza con la tattica tipicamente calcistica che distingue dalla massa il giovane, elevandolo al rango di fuoriclasse, e quindi di star, idolo, influencer e che dir si voglia ancora.
Di fatto dunque la pellicola - nobilitata dal felice confronto che si crea tra due attori generazionalmente distanti ed antitetici quasi quanto lo sono nella vita oggi un padre ed un figlio, qui nello specifico formata da un contrito Stefano Accorsi e dallo spavaldo ed irresponsabile Andrea Carpenzano (già molto interessante ne "Il permesso-48 ore fuori"; "Tutto quello che vuoi", in cui il giovane attore interpreta un alter-ego molto simile - in termini di carenza culturale - al suo attuale personaggio nel film; "La terra dell'abbastanza") - funziona, minimizza più che può la retorica comunque sempre in agguato, e si dimostra meritevole di un certo interesse, risultando scorrevole, senz'altro prevedibile, e in qualche modo ispirata, almeno in via di massima, ad una nota vicenda di cronaca e di colore inerente un giovane giocatore di serie A balzato alle cronache anche per la sua incorreggibile idiosincrasia nel riuscire ad affrontare l'ipotesi di una maturità superiore.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta