Regia di Giovanni La Parola vedi scheda film
South-Western beddo beddo anzichennò, ovvero: "Noi in Italia facevamo già western quando in U.S.A. ancora s’ingroppavano i bisonti."
1860. La sempiteterna (non) Questione Meridionale.
Borboni, Briganti, Garibaldini (“...è nata ‘na criatura / è nata orobica...”), Sabaudi: si salva solo, facendosi gli affari suoi (ma non come l’embedded “fotografo di guerra” - Francesco Brandi - al séguito della pista di sangue e maciullame, sinonimico del Beauchamp di Saul Rubinek remora del Bob l’Inglese di Richard Harris in “Unforgiven” di Clint Eastwood, che infatti…) e, per l’appunto, salvando un capo di bassa manovalanza (Miriam Dalmazio - “Maraviglioso Boccaccio” -, qui al primo ruolo da protagonista, ottima), verso il quale non ne pretenderà il possesso una volta emancipatosi - un piccolo sarto itinerante (un bravissimo Filippo Pucillo, qui di nuovo in un ruolo di rilievo dopo essere cresciuto con l'egregie prove di “Respiro”, “NuovoMondo” e “TerraFerma” alla corte di Emanuele Crialese), ché sua non è la rapacità canonica e sonnolenta degli estinguenti Capetingi spagnoleggianti che si ripresero l’isola sconfiggendo gli austriaci in Puglia, a Bitonto, con un bel po’ d’altre question’in ballo, nel 1734, né quella famelica dei ritornanti - dopo il Trattato di Utrecht (1713) e il contro-scambio sardo con, ancor, gli austriaci (Trattato dell’Aia, 1720) - savoiardi, ingravidati dalla Missione Divin-Terrena del Destino Manifesto unitario: viene torturato, ma il lutto e la perdita non lo colpiscono, e perciò la vendetta - che ad ogni modo non sembrerebbe essere il suo pane - non lo “corrode”: la legge del taglione verrà invece praticata - il dolore inflittole è incommensurabile, inconcepibile, definitivo - dalla sua summenzionata compagna in alternanza di viaggio.
Il resto del cast è eccellente: dalle tre briganti – Antonia Truppo (tanto teatro, e “Luna Rossa”, “lo Spazio Bianco”, “la Doppia Ora”, “lo Chiamavano Jeeg Robot”, “Indivisibili”, “CopperMan”, “Lasciami Andare”), Margareth Madè (un bel riscatto, qui, dopo il quasi-unicum, oltre a “il Commissario Montalbano - il Sorriso di Angelica”, di “Baarìa”) e Rita Abela (teatrante semi-esordiente: “le Nozze di Laura”) – ai due “Duellanti” – il trinacro - in odor di Mastino gameofthronesco - Giovanni Calcagno (Bellocchio, Martone, Scimeca, Garrone, Lo Cascio, con alcuni dei quali lavora anche molto a teatro, portando avanti parallelamente l’epica dei cantastorie nella sua catanese Paternò) e il “piemontese”... di Messina Guido Caprino (anche lui con/per Bellocchio e Martone, e poi “1992/1993/1994”, “il Miracolo”, “la Stanza” e - da mettere a confronto, per gioco, essendo le due opere dicotomiche per genere ed intenzioni/atteggiamento - “Tutti per 1 - 1 per Tutti”), il cui generale, con giusta/pertinente crasi, si chiama Romano, passando per Gigio Morra (Don Masino), Domenico Centamore (Cagnazzo), Simona Di Bella (Filomena), etc…
Giovanni La Pàrola, all’opera seconda (“...e Se Domani” risale al 2005, mentre il cortometraggio “Cusutu ‘n Coddu - Cucito Addosso”, con Pucillo e Calcagno, è del 2012: praticamente un lavoro per il cinema ogni 8 anni; inoltre è da ricordare la sua partecipazione come indimenticato caratterista in “Tutti i Santi Giorni” di Paolo Virzì, sempre del ‘12), da lui scritta con Alessia Lepore (“Focaccia Blues” e “Cronaca di una Passione”), convince, muovendosi sulle orme "southern" di Pietro Germi ("il Brigante di Tacca del Lupo", 1952) e su quelle "revisioniste" di Florestano Vancini ("Bronte: Cronaca di un Massacro...", 1971), e il motivo è così esemplificabile: le due ore passano in tensione (a principiar dal prologo didascalico - in senso letterale e buono - a volo d’avvoltoio dal largo del mare all’alta costa e poi all’entroterra sgarrupato, o, meglio, per passare dal Regno di Napoli a quello delle Due Sicilie, scafazzato) mantenendo alta l’attenzione e il piacere d’assistervi: e dici poco.
La fotografia di Marco Bassano (carriera, ehm, eterogenea: “Shadow”, “Made in Italy”, “la Solita Commedia: Inferno” e il prossimo “Non Sono Quello che Sono” di Edoardo Leo con la “nostra” Antonia Truppo) mantiene un credito di realtà senza sconfinare nel facile gioco del giallo-seppia solarizzato e dintorni
Il montaggio, ad opera dello stesso regista con l’aiuto e la collaborazione di Davide Vizzini (“Leoni”, “la Ragazza del Mondo”, “Shadows”), lo si percepisce come “personale”, e viaggia su due livelli, uno generale, che si può definire, volendo, giusto per inquadrarne l’andirivieni, tarantiniano, e che funziona bene, ed un altro “particolare”, ovvero concernente i sottoinsiemi compartimentati delle scene d’azione “leoniane”, che invece rivelano qualche incrinatura di concordanza.
Le musiche molto belle sono di Francesco Cerasi (“Villetta con Ospiti” e gli altri lavori di Ivano De Matteo, e lo stesso “...e Se Domani”)). Producono Matteo Rovere & Andrea Paris (Groenlandia & Ascent) e Luigi & Olivia Musini (CinemaUndici).
Noi in Italia facevamo già western quando in U.S.A. ancora s’ingroppavano i bisonti.
Beddo beddo (iniziando dal titolo) anzichennò.
* * * (½) ¾
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