Regia di Mario Bonnard vedi scheda film
Pola, in territorio istriano, torna a essere slava dopo la seconda guerra mondiale. Un italiano manda moglie e figlio in terra italiana, oltre confine, e rimane in città per poter lavorare. Ma la nuova patria è inospitale e crudele.
Bonnard, classe 1889, cominciò a girare negli anni Dieci ed è stato principalmente un buon mestierante dedito a commedie e operine leggere; dopo la seconda guerra mondiale il cinema italiano doveva in qualche modo risollevarsi, ritornare in marcia, e i cineasti di ormai lungo corso come lui si persero spesso in un bicchier d'acqua. In realtà, per quanto sia un film evidentemente politico (in chiara, accesa polemica anticomunista) e dai contenuti di stretta attualità, La città dolente - cioè Pola, passata dall'Italia alla Jugoslavia - è un lavoro realizzato con assoluta cura e non privo di momenti interessanti o coinvolgenti; non a caso, se si vanno a cercare i crediti della sceneggiatura, si scopre che le 4 firme sul copione sono quelle del regista, di Anton Giulio Majano, di Aldo De Benedetti e di Federico Fellini, ancora non cimentatosi dietro la macchina da presa, ma già quotato come scrittore. A parte qualche limite contenutistico insomma il film in sè funziona e neppure l'assenza di nomi di grandi richiamo pesa granchè; gli interpreti centrali sono Luigi Tosi, Barbara Costanova, Gianni Rizzo, Elio Steiner, Milly Vitale e Gustavo Serena, con la partecipazione in un ruolino del noto caratteristo Attilio Dottesio. "Da una storia vera un film", recita la didascalia iniziale, a rimarcare il peso cronachistico delle vicende narrate; le musiche sono di Giulio - fratello del regista - Bonnard, mentre la fotografia è affidata, con buoni risultati, a Tonino Delli Colli. 4,5/10.
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