Regia di Paolo Taviani, Vittorio Taviani vedi scheda film
Un brutto film storico. Di storia non c'è quasi nulla, di serio: quattro allusioni alle lotte dei liberali, quelle degli eredi della rivoluzione francese che volevano ripristinare i diritti umani irrinunciabili (secondo le nostre costituzioni, almeno, oltreché secondo la normalità psichica di base). Allusioni buttate lì, senza far approfondire niente allo spettatore. Scorretto il riferimento all'epoca dei secondi anni '10 dell’800, per quel tipo di moti (la liberazione al Sud dei contadini oppressi da secoli, i quali però si rivoltano contro i propri liberatori, in maniera masochistica, vittime dell’ignoranza cui sono stati costretti da chiesa e aristocrazia, loro tradizionali aguzzini in termini di diritti): bisognava contestualizzarlo ai tempi dei mazziniani, dagli anni '30 agli anni '50. Spiace annoiare il lettore ricordando il martirio dei fratelli Bandiera del '44 in Calabria, o la spedizione di Sapri del '57 di Pisacane (su cui, al confronto, è infinitamente meglio un prodotto semplicissimo come "Quanto è bello lu murire acciso").
La superficialità delle ricostruzione storica è comunque funzionale alla resa sentimentale, cui si riduce il valore del film per scelta dei fratelli Taviani (oltre che registi, anche scrittori di soggetto e sceneggiatura di questo flop). È vero che, tra i giovani liberali romantici di primo ‘800, tanti erano notoriamente squilibrati, depressi, inconcludenti, e si sentivano dei falliti (anche perché figli di papà, e in quel caso se lo potevano permettere ben di più) come quelli che si vedono nel film; però la resa è squallida, da fotoromanzo. Certo, il cast non aiuta: Mastroianni deve recitare una parte intensa vera, e non è all’altezza, nonostante la smodata fortuna che ebbe in vita e ha avuto ed ha presso la critica. I suoi compagni d’avventura recitano da sempliciotti (Cirino come leader, è imbarazzante, e gli altri non meglio). Svetta la grande Laura Betti, almeno due spanne sopra tutti gli altri.
L’unica nota positiva non è la musica di Morricone, stranamente anonima; quanto la scenografia. Interni ed esterni sono meravigliosi, anche per la fotografia, riunendo meraviglie della storia del’arte italiana, segnatamente per l’architettura. Ma l’aspetto esclusivamente estetico, anche se notevole, da solo non basta certo a strappare la sufficienza, se tutto il resto è sciatto.
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