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Ad Astra

Regia di James Gray vedi scheda film

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La recensione su Ad Astra

di obyone
8 stelle

 

scena

Ad Astra (2019): scena

 

Palmari trasparenti; dispositivi autodiagnostici, piccoli come una moneta; sistemi di pagamento piantati sottocute; sedute di psicanalisi davanti ad un terminal artificiale: i tempi venturi potrebbero mostrare le stigmate di una tecnologia ancor più invasiva di quella attuale ed i nostri rapporti interpersonali potrebbero consumarsi in videomessaggi di lunga gittata veicolanti emozioni custodite in "diari" elettronici fascinosi quanto impersonali. Gingilli già in fase di studio se non di realizzazione. Ma questo è niente perché i vari Musk e Bezos stanno già studiando il modo di realizzare viaggi charter che consentano alla razza umana, dotata di "carta oro", di imbarcarsi in razzi spaziali e toccare il suolo lunare, con la facilità con cui si entrerebbe in limousine per poi scendere su di un red carpet grigio cenere. James Gray ha ricreato l'immaginario contemporaneo del programma spaziale, tornato di gran moda negli Stati Uniti da quando i cinesi hanno dato un grande scossone ad un settore sconsacrato nel decesso del duopolio Usa/Urss.

 

Brad Pitt

Ad Astra (2019): Brad Pitt

 

Gray immagina basi lunari fisse ed autosufficienti, voli di linea con tuta spaziale, colonie sotterranee dalle parti di Marte, mentre, a tutt'oggi, sulla terra, ancora ancorate alle idee piuttosto che alla pratica, le agenzie spaziali anelano il primo ammartaggio della storia umana, in mondovisione. Il mondo futuribile di "Ad Astra" non è dunque così lontano dalla realtà e dai progetti. Siamo solo un paio di passetti indietro. L'umanità di Ad Astra, per quanto iper professionale e trekkiana, rimane, invece, la stessa di oggi, attaccata al danaro e all'autodeterminazione del proprio ego. Non stupiscono dunque gli studi poco chiari condotti in una base orbitante norvegese, l'ambizione di riscrivere le coordinate spaziali e le battaglie armate per controllare un suolo lunare ricco di risorse. Forse gli stessi magnati dell'industria che tanto ardentemente desiderano mettere piede laddove lo mise Armstrong, nascondono, in realtà, dietro tale magniloquente brama di divismo, la necessità piú concreta di arraffare ciò che è sempre più costoso estrarre dal sottosuolo terrestre.

 

Tommy Lee Jones

Ad Astra (2019): Tommy Lee Jones

 

James Gray racconta un'epopea nuova mantenendo inalterati i difetti di un'umanità vecchia. E all'interno di questa cornice inserisce un racconto tardoformativo che ha i tempi lunghi di un viaggio stellare e di una necessaria analisi interiore, quella a cui è costretto il maggiore Roy McBride richiamato dalla sezione spaziale dell'esercito americano per risolvere una minaccia che origina ai confini del sistema solare. McBride, figlio del fondatore del progetto Lima, un progetto di esplorazione stellare di lungo raggio, nel suo peregrinare nello spazio, è costretto a confrontarsi con le aspirazioni della natura umana che poi sono quelle incarnate dal padre esploratore. L'analisi di James Gray si materializza in una riflessione sulla sete di onniscienza, sul desiderio di scoperta, sull'insaziabile ambizione che fagocita una più completa esperienza di vita. E per essere sinceri la portata dell'analisi non richiederebbe affatto la forma dello sci-fi, che ha, tuttavia, il vantaggio di attualizzare e rendere fascinosa la discussione, poiché tali questioni erano già state dibattute, con successo, nella letteratura ottocentesca. Ciò per dire che Gray avrebbe potuto raccontare la stessa storia riproducendo un romanzo di Verne o raccontando la smania di gloria dei ricercatori delle sorgenti del Nilo o dell'Eldorado. Le aspirazioni dell'uomo non cambiano pur modificandosi il coefficiente tecnologico delle epoche che si susseguono. Per questo motivo il film, in concorso a Venezia, è più che efficace nel rappresentare il desiderio di superare i limiti e la paura dell'ignoto, sensazioni comuni che hanno animato personaggi come Cristoforo Colombo, David Livingstone o Buzz Aldrin. Allo stesso tempo, però, dietro un cuore che pulsa ad un ritmo di glaciale compostezza il regista americano rappresenta l'insoddisfazione che attanaglia la mente dell'uomo, incapace di godere il presente, il qui e l'ora, per rincorrere impossibili chimere. Uno status che accomuna i personaggi interpretati da Brad Pitt e da Tommy Lee Jones, simili anche se diverse sono le scelte determinanti che conducono all'atto finale. Un Brad Pitt quanto mai pacato ed intimista, una messa in scena che non ricerca l'effetto a tutti i costi, per lasciar libero il fluire dei pensieri, rendono "Ad Astra" più simile alle intuizioni filosofiche di Malick che ai giochetti spaziali di Cuaron. Tali elementi rendono superfluo rimuginare sulla verosimiglianza di sequenze audaci se non fantascientifiche, rendendo, al contrario, pregnante un delicato e onesto esame interiore. Americanate, fortunatamente, ce ne sono poche; il tono è simile alla raffinata introspezione psicologica di "First man" (l'Armstrong di Ryan Gosling, pronto ad attaccare il casco al chiodo e preferire la famiglia alla luna, simile al maggiore McBride che percorre nuove strade) mentre le smargiasserie di "Armageddon" contemplano la presenza nel cast di una sfuggevole Liv Tyler come unico elemento comune ai due film.

"Per aspera ad astra" è la presa di coscienza che una crescita personale passa per l'accettazione del dolore e dei propri limiti e nell'attutire le asperità della vita più che le asperità del suolo rosso di Marte o degli anelli clastici di Nettuno.

 

Charlie Chaplin Cinemas - Arzignano (VI)

 

Brad Pitt

Ad Astra (2019): Brad Pitt

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