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Ad Astra

Regia di James Gray vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Ad Astra

di yume
7 stelle

"La fantascienza è un genere più difficile di quello che sembra, perché ci sono solitamente elementi fantastici. Quello che vorrei fare è mostrare la più realistica rappresentazione possibile del viaggio spaziale che sia mai stata vista al cinema".(James Gray)

locandina

Ad Astra (2019): locandina

L'astronauta Roy McBride (Brad Pitt) intraprende una missione che lo porterà fino a Nettuno per scoprire la verità su suo padre (Tommy Lee Jones), scomparso 29 anni prima.

Il progetto Lime guidato dall’illustre genitore, considerato il più grande dei pionieri spaziali, si prefiggeva di scoprire la vita nell’Universo fuori del sistema solare, ma era naufragato per cause misteriose e ora sta minacciando la sopravvivenza dei mondi per tempeste incontrollabili di energia che va provocando.

Il film apre infatti con una di queste tragedie cosmiche e la torre spaziale su cui Roy sta lavorando va in pezzi con gran fracasso.

Il nostro uomo riesce a salvarsi e, sarà perché è uno di quegli eroi così invincibili da sembrare immortali, sarà perché è figlio di tanto padre e forse una sua mediazione potrà servire nel caso lo trovasse ancora vivo, gli affidano la missione che lui accetta con grande sprezzo del pericolo, ma soprattutto con la segreta speranza di ritrovare il padre che non vede da quando aveva 17 anni.

Questo, in breve, il riassunto, fatti salvi tutti gli episodi e l’apparizione di personaggi che costituiscono l’ossatura e il tracciato narrativo del film e che vanno gustati con una visione diretta, l’american way of life non cede mai il passo dai tempi di John Wayne e gli elementi ci sono tutti.

Qui però notiamo qualcosa di diverso.

Il clichè dell’impresa spaziale è ormai talmente abusato che distinguersi è cosa ardua, i fasti kubrikiani sono leggenda e trovare la formula che faccia epoca è impresa titanica.

Consapevole di questo, in fase di preparazione James Gray dichiarava:

"La fantascienza è un genere più difficile di quello che sembra, perché ci sono solitamente elementi fantastici. Quello che vorrei fare è mostrare la più realistica rappresentazione possibile del viaggio spaziale che sia mai stata vista al cinema".

 

Brad Pitt

Ad Astra (2019): Brad Pitt

Il realismo è nello scavo psicologico del protagonista, un figlio alla ricerca del padre, un giovane uomo che vive una vita solitaria interamente votata al lavoro. Un figlio che ha visto la madre soffrire per quello che nella realtà era stato un abbandono del padre e marito, una fuga dal mondo conosciuto, la possibilità di appagare una delle aspirazioni umane più utopiche, vivere soli nella pace immensa e nella “quiete altissima” degli spazi siderali.

Nell’incontro finale il padre confermerà al figlio questa sua segreta aspirazione che ha reso per lui secondario tutto un mondo di affetti e legami.

Roy la capirà, c’è nel suo DNA la stessa componente che ne fa un uomo libero da vincoli e votato alla solitudine.

La differenza fra loro è che Roy è figlio del suo tempo, un tempo ingrato, capace di allestire centri commerciali sulla Luna, organizzare il turismo spaziale con tanto di tabella prezzi dei servizi, portare agguati di pirati sulle superfici lunari che inseguono con motojeep galattiche chiunque passi di là e sparano uccidendo come nelle strade di Chicago anni Venti.

In questo Universo manipolato, alterato, trasformato in un doppione di quanto di peggio già esiste sul nostro pianeta, Roy accetta di vivere, pur sapendo che “se mio padre avesse visto tutto questo l’ avrebbe distrutto”.

La sua umanità è in questa vittoria, l’eroismo non è sfidare il pericolo, i mostri (che non mancano, primati cavia che hanno distrutto interi equipaggi in missione scientifica) le tempeste spaziali e la pioggia di meteoriti, la sua forza è accettare la sua finitezza, scrivere quel profilo psicologico che ogni giorno deve dettare al centro spaziale con sincerità, manifestando requisiti che non sono più accettabili, non rispondono più ai modelli standard.

Roy è diventato un uomo che nell’incontro con il padre ha portato a compimento e risoluzione quello che la psicoterapia familiare individua come il lutto che lascia segni psicopatogenetici nei legami interpersonali.

Il padre che gli chiede di spezzare quella fune, cordone ombelicale metaforico, e lasciarlo andare per sempre nello spazio fa quello che va fatto per riparare il male accaduto e riportare l’equilibrio nel vivere.

Si tratta del cosiddetto “dialogo riconoscente”, il padre/fantasma che vuole che il figlio viva lasciandolo morire del tutto, non più trattenendolo in un viluppo negativo dove la vita muore.

Lui vivrà, ma solo nel ricordo, non più nell’ossessione.

Roy potrà tornare sulla terra da essere normale, non più solo e consapevole che il bello c’è, basta guardarlo e non sulle pareti dipinte dell’oasi spaziale.

 

 

www.paoladigiuseppe.it

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