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La forza delle immagini

Regia di Ray Müller vedi scheda film

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La recensione su La forza delle immagini

di sasso67
8 stelle

Tre ore di documentario sull'attività professionale di colei che è passata alla storia come la regista del terzo reich, nata in Germania nel 1902 e strozzata dalla balia nel 2003. Le opere per le quali è ricordata la Riefenstahl sono "Il trionfo della volontà" (1935) sul congresso del Partito Nazista del 1934 a Norimberga e "Olympia" (1938) sui Giochi Olimpici di Berlino 1936, due opere a metà tra documentario e propaganda. Generalmente è stata considerata una grande regista, almeno per i due film sopra citati, la cui attività è inficiata dalla sua adesione all'ideologia nazista. Secondo me entrambe le affermazioni vanno ridimensionate. Appare perfino ovvio che la Riefenstahl, a distanza di più di cinquant'anni volesse ridimensionare, a costo di qualche menzogna (ritengo più veritiere le pagine di diario di Goebbels dell'epoca che le smentite della vegliarda), la sua contiguità con il regime, però è pur vero che ella non è mai stata iscritta al partito né le sono attribuite frasi o atteggiamenti antisemiti o razzisti. Si limitò a curare la regia di film sulle adunate naziste, niente di più, e la più grande accusa che le viene mossa anche nel film è un telegramma inviato a Hitler per congratularsi della conquista di Parigi. I film da lei diretti, del resto, dimostrano una notevole sapienza tecnica e una notevolissima capacità organizzativa, ma manca l'afflato artistico che la dovrebbe far assurgere al ruolo di grande regista: niente a che vedere, dunque, con grandi contemporanei quali Lang, Murnau o Ejzenstein e nemmeno con Marlene Dietrich quale attrice.
Il film di Müller, pregevole per tanti aspetti nonostante le tre ore di durata, ritrare una vecchia (novantenne all'epoca delle riprese) arrogante e bisbetica, caratteristiche accentuate dall'età, che si difende dalle accuse, pretende di insegnare il mestiere al più giovane collega e fa le immersioni subacquee. Eppure quando incontra i due vecchi operatori (Walter Frentz e Guzzi Lantschner) che l'affiancarono per "Olympia" e la faccia pluriplastificata (tipo Moira Orfei) della regista si muove al sorriso, lo spettatore arriva quasi a commuoversi.

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