Regia di Sergio Stivaletti vedi scheda film
Storia di gente (quasi) comune
Fabio è appena uscito da Re Bibbia quando ad aspettarlo trova Claudio, piccolo boss del Mandrione al posto del quale Fabio ha scontato la pena senza fiatare. Appena tornato a casa Claudio fa trovare all’amico il suo vecchio negozio di toelettatura per cani perfettamente ristrutturato, in cambio Fabio si occuperà di medicare gli animali da combattimento di proprietà di Claudio. Tutto pare tornato come prima, compresa la vita famigliare e lo spaccio di stupefacenti, ma Claudio, che regolarmente irride Fabio, non sa che in lui sta crescendo una terribile sete di vendetta.
Il creatore di effetti Sergio Stivaletti fa centro al terzo colpo, come il numero delle sue pellicole, ma al tempo stesso sbaglia i tempi di distribuzione della sua ultima fatica uscita in contemporanea con il pluripremiato Dogman e tratta dal medesimo fatto di cronaca che a metà degli ottanta scosse le cronache di nera. Il regista in tal caso decide di rimanere però maggiormente ancorato sia al fatto di cronaca invece che al senso di solitudine e abbandono nel quale può precipitare il singolo, sorte toccata a Marcello Fonte nella pellicola di Garrone, ma anche al genere da lui prediletto: quello splatter che ha saputo dargli fama negli effetti visivi per il cinema horror, unito a personaggi ben approfonditi a cominciare dall’ex carcerato Fabio, che ha le sembianze di Riccardo De Filippis, noto al grande pubblico per aver dato il volto a uno dei protagonisti di Romanzo Criminale. Un uomo desideroso di ricostruirsi una vita fino a quel momento gettata via, carico di voglia di riscatto ma anche di sete di vendetta, così come pieno di amore sia per la famiglia che per i suoi amici a quattro zampe. Al suo fianco si snoda una trama fatta di combattimenti clandestini e un finto amico bipolare, vittima dell’abuso di droghe e di una sete di potere che incontra nel mite Fabio la sua nemesi. Ogni tassello progressivamente s’incasella sino all’ultima inquadratura con una deriva omicida che nulla lascia alla fantasia di chi assiste inorridito. Pellicola dal retrogusto amaro e di certo da recuperare perché passata in sala senza lasciare quasi segno perché decisamente penalizzata dalla concomitanza di cui sopra. Piacerà molto a chi ama le ambientazioni di borgata e le favole horror (quasi) a lieto fine.
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