Regia di Stanley Kramer vedi scheda film
Dal dramma teatrale "Inherit the wind", opera di Jerome Lawrence e Robert E.Lee, un film della stagione impegnata di Hollywood più volenterosa, ispirata e densa. Dirige Stanley Kramer, una garanzia in tal senso, e davanti alla macchina da presa va in scena una disfida tra due grandi vecchi del cinema, come Spencer Tracy e Fredric March, e un comprimario di lusso come Gene Kelly: la questione è un processo in cui un insegnante è accusato di sostenere e diffondere le teorie darwiniane ( siamo nel 1925, profonda provincia USA), e il vero conflitto è tra chi antepone la Parola di Dio davanti a tutto e non accetta gli studi della Scienza, e chi invece spinge per il progresso, e che l'uomo si evolva, consapevole delle proprie vere origini. Giocato come una lotta che si inasprisce via via che il processo va avanti, tra i due avvocati, che fuori dall'aula si trattano amichevolmente, il film ha un'ottima ambientazione, la sceneggiatura smorza la drammaticità dei toni con alcuni riflessi umoristici, e il tutto è fotografato in un luminoso, splendido bianco e nero. Ciò che rende prezioso il lungometraggio è sia quel che comunica, e la bravura sia di Kramer, nel centellinare la tensione dialettica ed emotiva, e nel saper dirigere gli attori, fondamentali in un lavoro che viene appunto, e in maniera evidente, dal teatro. Spencer Tracy sembra inizialmente quasi presente controvoglia, ma sa tirare fuori la durezza idealista del suo legale, ed è bravissimo: se possibile, ancor più notevole Fredric March, impegnato nella caratterizzazione di un uomo segretamente ottuso, ironico e facondo ufficialmente, ma stretto alle proprie insicurezze con protervia da fanatico. Meno famoso di quel che si meriti, un buon dramma processuale in chiave spiccatamente "liberal".
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