La recensione su Pickpockets

di alan smithee

5 stelle

NETFLIX

Un gruppo di intraprendenti giovani borseggiatori provenienti dai quartieri più poveri della capitale colombiana di Bogotà, viene notata dal responsabile delle installazioni delle telecamere che proteggono il centro cittadino, che da tempo li scruta, li studia, e, da maestro dell'arte del rubare, ne riesce a venire in contatto per dar loro consigli in grado di elevarne cultura ed esperienza, divenendo in tal modo i migliori e più lesti borseggiatori della capitale.

Tuttavia il boss è a sua volta taglieggiato da un gangster di quartiere più potente di lui, e per i ragazzi il futuro consiste solo nel lavorare duro per conto terzi, rischiando la propria pelle a favore di altri che si spartiscono il grosso della somma.

Per questo l'affascinante giovane leader del gruppo, nonché capo branco tra i teppistelli, dovrà farsi furbo e cercare di trovare il modo di salvarsi assieme ai suoi compari, amici leali come fratelli.

Diretto dal britannico Peter Webber noto soprattutto per un paio di film, La ragazza con l'orecchino di perla e Hannibal Lecter: le origini del male, e per sapersi avventurare in produzioni anche lontane di capitali anglosassoni e Usa (il suo Emperor con Tommy Lee Jones fu finanziato interamente in Giappone), Pickpockets è una produzione colombiana dostribuita da Netflix direttamente via cavo, diretta con un certo piglio e ritmo. Ma certo le strizzatine al pubblico sono evidenti: a cominciare dai protagonisti, belli ed eterogenei come modelli di Benetton, impegnati in una vicenda concitata che tuttavia non presenta grandi motivi per stupire o rendersi originale e nuova nel suo svolgmento scolastico e un pò tanto scontato, storiella d'amore adolescenziale inclusa.

Netflix coinvolta una volta in più in un progetto promettente, ma che non riesce ad andare oltre ad una stiracchiata medietà e sufficienza.

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