Regia di Drew Goddard vedi scheda film
Alcune persone, sconosciute l'una all'altra, si ritrovano all'interno del decadente albergo El Royale - negli USA del 1969 - nel quale sono accolti da un servile portiere, unico lavorante dell'hotel. Essi sono un prete, un venditore di aspirapolvere, una ragazza hippie e una cantante di colore; nel corso del racconto, appaiono un'altra ragazza, dalla personalità border-line, ed un santone, egocentrico e violento. Alcuni di loro non sono chi sostengono di essere; tutti hanno commesso, o commettono, degli errori i quali, per i più, saranno fatali. Lo stesso albergo, composto da locali comuni e stanze con ingresso indipendente, nasconde dei segreti. Un film con alcune luci e qualche ombra; dal lato dei pregi, troviamo una sceneggiatura molto curata, che svela allo spettatore, alla quale è richiesta la massima attenzione, il passato, la vera identità ed il ruolo dei personaggi un po' per volta, dando spiegazioni anche tardive ad azioni ed eventi che si verificano imprevedibilmente, e sul momento sembrano immotivati; ben realizzata la caratterizzazione dei personaggi; quasi tutti portano nel loro intimo i segni lasciati da una vita difficile, o stanno combattendo la loro ultima battaglia contro un destino avverso; ciò li porta a duri scontri dall'esito non scontato. Valida infine la ricostruzione di un'America di fine anni '60, con veicoli, costumi, musiche, atmosfere dell'epoca. Il difetto, volendolo giudicare tale, è l'eccessiva prolissità. Il film dura circa 140 minuti; è girato quasi completamente in interni - l'ambientazione è costituita dai locali dell'albergo - ed è ricco di lunghissime sequenze di dialoghi, i quali, finchè la vicenda rimane "nebulosa", sembrano privi di significato, e, seppur validi per creare atmosfera - il regista racconta gli USA di cinquant'anni fa tramite le parole dei personaggi - possono "sfiancare" lo spettatore. Ho letto diverse critiche nei confronti del regista Drew Goddard, circa la volontà di imitare lo stile di Tarantino. In effetti, alcuni elementi di tale modalità espressiva sono presenti; i dialoghi molto lunghi, esplosioni di violenza improvvise ed a volte imprevedibili, sangue che scorre in abbondanza. La differenza tra i due stili è nella mancanza d'ironia, del film di Goddard. Nella prima parte ve ne è traccia; poi la vicenda scivola verso il dramma. La conclusione rende, comunque, una certa soddisfazione, e conclude con coerenza una trama assai complessa. Ho apprezzato Jeff Bridges nel ruolo del "reverendo", una persona che ha pagato anche oltre il dovuto per gli errori commessi, e si reca nell'hotel per prendersi una piccola rivincita; brava anche Cynthia Erivo, che intepreta la disillusa cantate Darlene Sweet. Un buon thriller, molto curato in ogni aspetto, ed altrettanto impegnativo per chi intendesse vederlo.
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