Regia di Charline Bourgeois-Tacquet vedi scheda film
Pauline schiava d'amore. Oggi la chiameremmo nevrosi. Ma è solo una naturale follia. L'effetto di un'antichissima pena.
Virtuosismo da commedia. Ossessione che si fa monologo frenetico. Storia che sfugge perché invariabilmente ignota, relegata in invisibile fuoricampo. Una giovane donna riempie la scena con la sua logorroica frenesia per ciò che non accade. Per la chiamata dell’amante che non arriva. Per un sms sibillino che non ha trovato riscontro, che è ancora in attesa di una spiegazione. Il dubbio diventa un martellamento di parole pronunciate con meccanica ansia: un nevrotico dinamismo teatrale si manifesta attraverso una rabbia che trova sfogo nel ritmo accelerato delle frasi che si rincorrono, che si avvolgono intorno al nulla, ripetendo in mille modi diversi l’inconsistente confusione scatenata dal non sapere, dal non voler immaginare, dalla perversa ricerca di certezze inventate, si direbbe costruite con l’unico scopo di farsi il maggior male possibile. L’incessante fremito di Pauline è una mitraglia verbale, surreale nella sua articolazione lessicale, quasi fosse creata ad arte per esaurire tutti i registri linguistici, impegnando l’interprete in una maratona che non lascia nulla di non detto, che non trascura nessun sinonimo, nessuna parafrasi, nessuna sfumatura semantica, dando fondo al dizionario, in un cimento monotematico di sceneggiatura. In questo cortometraggio, dallo spirito inquieto e battagliero, oltre che maliziosamente venato di femminile autoironia, il racconto si sfiata senza mai veramente avanzare: la narrazione si mantiene ancorata a quell’ansiosa irruenza letteraria a senso unico, la quale, per certi versi, sfida le attuali tendenze mediatiche che esaltano l’uniformità espressiva applicata alla continua variabilità degli argomenti trattati. Siamo agli antipodi del passa e va, dell’ultim’ora che istantaneamente cambia i titoli della homepage, spostando l’attenzione su un altro problema, su un nuovo motivo di preoccupazione. Rimanere fedeli all’idea, rigirandola e coltivandola nell’intero spettro delle sue potenzialità è un compito fuori dal tempo, volto a recuperare una ricchezza perduta: quella che si conserva ed incrementa restando immobili a scavare nell’istante presente, per scoprirlo beatamente sospeso fra il passato e il futuro, chiuso al prima come al dopo, nello splendido isolamento delle anime in pena.
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